VINCENZO MASCIONI (1871-1953)

Vincenzo Mascioni, nipote del fondatore Giacomo (1811-1896), nacque nel 1871 e, appena dodicenne, nel 1883 iniziò il suo tirocinio in fabbrica, all’abile scuola del padre Bernardo (1844-1890). Sopravvissuto agli zii ed al nonno, coadiuvato dal fratello Enrico (1867-1936), assunse la direzione della fabbrica. Riuscì a sviluppare l'attività cogliendo le esigenze dell'epoca, dominandole con la sua solida personalità artistica culturalmente legata alla tradizione lombarda dell’800. I gravi sacrifici dell’esordio, superati con passione e ferma volontà, furono presto coronati quando vinse, nel 1904, il concorso per il rifacimento degli organi del duomo di Milano; un altro grande strumento, presentato all’Esposizione Internazionale di Milano del 1906, fu collocato al Liceo Municipale di Pesaro. Nel 1932 raggiunge il vertice della sua carriera con l’organo monumentale del Pontificio Istituto di Musica Sacra in Roma (117 registri e 5 manuali). Di questo bellissimo strumento ha scritto Luigi Ferdinando Tagliavini (1929): “L’Organo del Pontificio Istituto di Musica Sacra di Roma, benché ancora in parte ligio ai criteri “sinfonico-romantici” della sfumatura coloristica, rappresenta per l’epoca della sua costruzione una conquista considerevole dell’organaria italiana, che finalmente riscopre il valore di alcuni timbri e amalgami classici e sente la necessità di conferire organicità alla disposizione fonica”. Il 500° organo fu collocato, nel 1937, nella chiesa parrocchiale di Cuvio e, nei sedici anni che seguirono, fino alla scomparsa, Vincenzo ne firmò altri 200.
Vincenzo Mascioni seguì sempre, da posizioni di avanguardia, l’evoluzione tecnica dello strumento, introducendo già nel 1904 le combinazioni libere, presto seguite dal piano automatico al pedale, dalle combinazioni aggiustabili, dai pistoncini riversibili; ma le cure più attente furono dedicate alla fonica che, pur seguendo col volgere degli anni l’evoluzione dal gusto romantico-orchestrale a quello eclettico, non perse mai il buon sapore italiano, vivificato da un’intonazione perfetta, nobile, equilibratissima, che rende inconfondibili dagli altri, sul piano fonico, gli organi di Cuvio.
La fortuna di Vincenzo Mascioni furono i sei figli, come giustamente scrisse lo Schmidl nel Dizionario universale dei musicisti: “Il continuo, paziente e metodico studio del Mascioni è ovunque apprezzatissimo, anche perché è noto come gli strumenti abbiano completamente i loro natali nello stabilimento di Cuvio, per opera di vecchia e fedele maestranza e con la collaborazione dei numerosi figli del proprietario, che imprimono all’industria un bel carattere familiare, quasi atavico”.
Coaudivato dai numerosi figli, continuò a dirigere la fabbrica anche nel secondo dopoguerra spegnendosi nel 1953 dopo aver portato la Ditta a livelli tecnici d'avanguardia e notorietà mondiale.
Disse di lui Renato Lunelli: “…Vincenzo Mascioni compassato ed equilibrato in tutte le sue manifestazioni, fu anche nel concepire la fonica dell’organo il più austero dei grandi organari del suo tempo. Credo che questa sia la caratteristica più insigne dei suoi strumenti…”.
Nel mezzo secolo intercorso tra il 1921 e il 1971 uscirono dalle officine Mascioni 597 organi, di cui ben 68 a 3, 4, 5 tastiere, partendo da un minimo di 30 registri.

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