MONS. RICCARDO BOTTACIN
Salzano, 4 gennaio 1876 – Chirignago, 4 gennaio 1958

Canonico Onorario della Cattedrale di San Marco (Venezia)
(Protonotario Apostolico)
Vicario della forania di Marghera
Vicario della forania di San Giorgio di Chirignago
Arciprete di Chirignago dal 1914 al 1958


“Anima mite inclinata all’amore delle cose celesti”
Beato Angelo Giuseppe Roncalli (Papa Giovanni XXIII)

 

EL BONSIGNOR

Alla morte di mons. Giovanni Battista Buso, nel 1914, venne inviato a sostituirlo don Riccardo Bottacin, ordinato presbitero con dispensa Pontificia a Treviso, a ventidue anni, il 26 luglio 1898, dal vescovo mons. Giuseppe Apollonio, quindi cappellano a Spresiano fino al 7 novembre 1900, poi cappellano e vicario parrocchiale a Lancenigo e, dal 13 marzo 1903, Arciprete di Lancenigo.
Era nato a Salzano (Venezia), il 4 Gennaio 1876, da Adele De Momi e Alessandro Bottacin, famiglia benestante (il padre Alessandro fu sindaco di quel Comune in due trienni sul finire del secolo, come nei decenni sucessivi lo fu anche il fratello di Riccardo, Paolino), nella celebre Villa Bottacin, la Villetta seicentesca già residenza estiva della famiglia Contarini. Fu battezzato a mezzogiorno del 12 gennaio 1876 dal vicario don Giovanni Artuso. L'educazione religiosa si assodò nella parrocchia di Salzano grazie all'Arciprete mons. Giuseppe Menegazzi (successore di don Giuseppe Sarto) ed ebbe possibilità di maggior sviluppo, nella preghiera, nell'Oratorio della Villetta, piccola chiesetta pregevole per linee e ornamenti architettonici, del 1654, dedicato a San Francesco d'Assisi. Completò la sua formazione sacerdotale nel Seminario Vescovile di Treviso.
Di nobile casato, quindi, si distinse per le sue doti personali d’ingegno, di prudenza, d’umiltà e carità. Uno spirito d’altruismo più unico che raro senza ostentazione, privo di convenevoli e di parole inutili.
Alla morte del parroco di San Giovanni Battista di Lancenigo, don Riccardo, cappellano e vicario parrocchiale, ha 26 anni. Tutte le persone lo desiderano vivamente come parroco. Sacerdote di molta capacità, è stimato dai colleghi e dal Seminario che lo ebbe suo scolaro. Zelantissimo e prudente, stimato e rispettato dal paese compie i suoi doveri con edificazione non comune. Intraprende e conduce il lavoro di ingrandimento della chiesa ormai insufficiente per la numerosissima parrocchia.
A Lancenigo andava a villeggiare l'arcivescovo di Bologna mons. Giacomo Della Chiesa, che nel 1914 sarebbe succeduto a Papa Pio X col nome di Benedetto XV. La sorella, marchesa Giulia Della Chiesa, vedova, abitava la villa del marito, conte Persico, a Lancenigo. Si trattava di visite private ma in una occasione celebrò la Messa a Lancenigo (28-29 settembre 1908).
Il vescovo di Treviso, il Beato Andrea Giacinto mons. Longhin, nominò don Riccardo Bottacin Arciprete di Chirignago nel 1914. Le "figlie" di Lancenigo, alla sua partenza, vollero donargli un prezioso calice in argento dorato, recante sul piedistallo le sue iniziali "Dn. R. B.". Il calice è tuttora conservato in sacrestia a Chirignago, con la stessa venerazione che si ha per la reliquia di un santo, e viene usato per la celebrazione della Santa Messa nelle occasioni più solenni. Al museo San Pio X di Salzano è esposto un calice molto simile, contrassegnato dal punzone dello stesso argentiere.
Don Riccardo fece il suo ingresso a Chirignago domenica 11 ottobre 1914. L’eredità che si accingeva a ricevere avrebbe scoraggiato chiunque; la forte personalità del predecessore mons. Giovanni Battista Buso (parroco per 53 anni), la stima ed il rispetto di cui era circondato ed il particolare momento storico denso di incognite, ne erano i tratti principali.
Il giovane parroco, aveva 38 anni, non si perse d’animo ed iniziò la sua missione, con umiltà, cercando di capire ed amare i nuovi figli.
Lo scoppio della Prima Guerra mondiale, neanche un anno dopo, nel 1915, mise a dura prova le sue doti di pastore.
Gli uomini ed i giovani validi furono arruolati. Ben duecento i richiamati alle armi. Allora Chirignago contava appena 4000 abitanti con Asseggian, Caene e Rana (Colombara). Partiva il fior fiore della gioventù incontro ad una guerra con fronte definito, con cannoni, trincee, bagagli trascinati con confusione fino al Piave sacro, dove avvenne l’immane sacrificio… sul Grappa, sugli altopiani di Asiago fino nel vicino Montello.
I lavori dei campi, che costituivano la principale fonte di reddito del paese, mancando gli uomini, passavano totalmente sulle spalle delle donne e dei pochi vecchi. La zona, essendo nelle immediate retrovie del fronte, era teatro di frequenti spostamenti di truppa e di un intenso traffico di vettovaglie.
Nella complessa situazione socio-politica della Grande Guerra che coinvolse in modo diretto gli abitanti, il nuovo parroco si prodigò in due versanti: da un lato presso le autorità civili e militari, affinché in paese ci fossero l’ordine e la legalità, dall'altro cercò di aiutare sempre, con le sue vivande con i bisognosi. Un altro grosso problema era infatti la conservazione e la salvaguardia dell’integrità del tessuto sociale.
Nonostante queste preoccupazioni, pensò quindi di risolvere anche i problemi della vita quotidiana aiutando coloro che, per la guerra, non riuscivano a mettere insieme pranzo e cena, arrivando a dividere e spesso a donare il suo cibo, con immaginabile disappunto della Carlotta, la perpetua, che vedeva sparire la pignatta con il cibo già preparato.
Questa sua generosità divenne una costante, durante tutti i quarantaquattro anni che visse in mezzo a Chirignago, sicchè la voce popolare diceva che dormiva senza lenzuola per averle donate alla povera gente.
Organizzò l’invio di notizie e pacchi ai prigionieri, pianse con le famiglie dei caduti (che furono 79 nella Prima Guerra Mondiale e 27 nella Seconda), soprattutto pregò tanto perché la comunità non si disperdesse in quella bufera.
Chirignago si accorse di non essere più orfana; aveva ritrovato un padre.
Nel 1918 si ammalò di pleuro-polmonite, con serio pericolo di degenerazione in tisi. Il Beato Andrea Giacinto Longhin, Vescovo di Treviso, invocò a Papa Benedetto XV una speciale benedizione affermando che "sarebbe un tesoro di sacerdote che si perderebbe".
Nell’immediato primo dopoguerra, aiutò la ripresa, per quanto era nelle sue possibilità. Alcuni agricoltori, in momentanea difficoltà, furono esonerati dal quartese. Il quartese era una quota di prodotti in natura, proporzionata al raccolto, che veniva data al parroco per il suo sostentamento.
Gli anni che seguirono furono politicamente travagliati dalle lotte sociali. Fecero la prima apparizione le camicie nere, mostrando la loro vocazione all’intolleranza ed al sopruso. Gli oppositori venivano purgati con olio di ricino e, a volte, manganellati. Il parroco sostenne sempre i più deboli e gli oppressi.
Per questo suo atteggiamento venne schiaffeggiato da alcuni fascisti, che s’erano introdotti in canonica per convincerlo a sostenere la loro causa. Perdonò colui che l’aveva colpito, ma rimase fermo nel suo atteggiamento di disapprovazione, anche quando quegli uomini, giunti al potere, si mascherarono di perbenismo.
Non benedisse gagliardetti e non condivise l’ottimismo di coloro che, anche in campo cattolico, durante la guerra civile di Spagna, vedevano nel fascismo il difensore della religione.
Con l’istituzione dell’Azione Cattolica, cercò di aggregare le giovani e le donne della parrocchia, offrendo loro occasioni di incontro, di svago e di formazione, al riparo delle tentazioni disgregatrici che la situazione presentava.
A don Riccardo Bottacin si deve la costruzione dell'attuale Scuola dell'Infanzia "Sacro Cuore". Il 13 giugno 1920 venne posta la prima pietra e l'asilo fu così inaugurato il 18 settembre 1921, costruito su progetto del Ing. Ignazio Saccardo.
Volle poi che il popoloso rione di Catene (la parrocchia di Chirignago comprendeva, allora, Catene, Villabona ed Asseggiano) avesse una sua chiesa dove veniva celebrata, a giorni fissi, la Santa Messa.
“Si cammina per strade e stradicciole… si trovano case, casette, casoni, osterie, rivendite, sale e saloni per tutti i gusti, belle scuole ed altre ancora che il municipio sta per aprire… non manca niente! Ossia manca tutto per le anime cristiane… e per diritto o per rovescio cristiani son tutti! Manca una chiesetta in mezzo… Vi sono oltre due mila persone sparse là dintorno come annelli dispersi d’una catena…” (Mons. Riccardo Bottacin).
Per mantenere fede a questo impegno, si recava a Catene, a piedi, lui stesso o delegava qualche cappellano. A Catene introdusse e curò il culto per la Madonna della Salute; si ricordano ancora le partecipate processioni, con la statua della Vergine salutata anche dai petardi dei ferrovieri. Non mancava di celebrare la Santa Messa neanche ad Asseggiano, nella vecchia chiesetta di Sant’Antonio.
Nell'Anno Santo 1933 inaugurò la grande sala monumentale “Ai Nostri Caduti” di via del Parroco, costruita, a memoria dei Caduti di tutte le guerre, accanto alla Scuola dell’Infanzia “Sacro Cuore”, con i fondi venuti dal Comitato Festeggiamenti, molto attivo nella Fiera Franca di settembre, e dall'Associazione Combattenti e Reduci di Chirignago. Venne subito finalizzata a patronato dei ragazzi e divenne la sede di tutte le attività ricreative e associative: Schola Cantorum, Azione Cattolica, Scout, Figlie di Maria…
Qualche anno più tardi venne costruito anche il Teatro parrocchiale "Alessandro Manzoni", con il cinematografo.
Nel 1936 acquistò una statua della Beata Vergine di Lourdes, opera di scultore di Ortisei (Val Gardena) e fece realizzare in chiesa una grotta dove è stata collocata (foto1; foto2; foto3). Sempre a mons. Bottacin si deve l'acquisto delle preziose statue che ancor oggi a Natale vengono utilizzate per la realizzazione del presepio in chiesa. Tra il 1935 ed il 1955 fa costruire e benedice numerosi capitelli tra i quali: nel 1931 in via Ghetto dedicato a Sant'Antonio da Padova, con statua in grandezza naturale; nel 1932 in via Frassinelli dedicato alla Vergine; nel 1936 in vicolo Sestella dedicato inizialmente a Sant'Antonio da Padova e ora alla Vergine; nell'anno santo 1950 in via Bosso "alla Vergine Maria per la sua materna protezione nella guerra del 1940-45"; nel 1954 a Villabona alla Vergine; nel 1955 in Via Ivancich alla Vergine Immacolata (foto1; foto2; foto3; foto4; foto5; foto6). Nel marzo 1950 accolse la "Madonna Pellegrina" (foto1; foto2), giunta a Chirignago nell'ambito della Peregrinatio Mariae indetta a Venezia l'anno prima dal Patriarca Carlo Agostini.
Purtroppo gli toccò in sorte vivere un’altra guerra e nel 1940 vide partire i suoi figli più giovani mandati a combattere nei fronti della Francia, Russia e Jugoslavia. Assistette all’occupazione dei Tedeschi e, evento più tragico, vide i suoi parrocchiani uccisi (51 morti solo tra i civili e 27 tra i militari) dalle bombe dei liberatori.
Molte famiglie lasciarono la loro casa per rifugiarsi nei paesi vicini, un po’ più lontani dal Parco Ferroviario, che era diventato l’obiettivo preferito dai bombardieri inglesi e americani.
Un mercoledì mons. Bottacin celebrò la Messa nella chiesa di Maerne (Venezia) per i profughi di Chirignago. Molti di loro di solito andavano in chiesa solo ai funerali.
Invece, con grande stupore di tutti, la chiesa era quasi piena.
Dopo il Vangelo, mons. Bottacin, con il suo modo semplice, disse:
“Mi presento a voi con le mani vuote, pur sapendo che non sempre avete da mangiare, che con l’intera famiglia vivete in pochi metri quadrati e in case altrui. Sappiate che non vi ho abbandonati, che prego in continuazione per voi: solo questo posso fare!
Se passate per Chirignago, fate una visitina alla nostra bella chiesa; mi troverete sempre là o, se ci fosse un attacco aereo, nel campanile. Scambiare qualche parola con voi, sarebbe il più bel regalo che possiate farmi”.
Si videro tanti occhi arrossati e fazzoletti che frettolosamente asciugavano qualche lacrima.
Era venuto a mani vuote, ma ci aveva lasciato l’impagabile dono dell’amore e della solidarietà di un padre.
Per tenere il più possibile il contatto con i combattenti, istituì il gemellaggio tra i ragazzini aspiranti di Azione Cattolica e i soldati. Ogni aspirante aveva l’incarico di pregare e scrivere al suo soldato; la cosa funzionò. Quando tornavano per la licenza, i soldati, s’incontravano con i loro piccoli fratelli per rinsaldarne la conoscenza e per raccontare loro il vero volto della guerra.
La carità del parroco integrò, in molti casi, l’insufficiente cibo assegnato dal razionamento dei generi alimentari. Gli abitanti di Chirignago, come il resto degli Italiani, dovettero stringere la cinghia, anche se un commentatore del regime andava affermando, per mascherare la realtà, che gli Italiani non avevano fame ma soltanto appetito.
I bombardamenti del 6 Ottobre 1943 e del 28 Marzo 1944 rivelarono il vero e tragico volto di quella guerra; il fronte era ovunque, nelle città, nei paesi, ci si doveva considerare in prima linea anche nella propria casa.
Nel primo bombardamento ci furono numerose vittime, tra cui bambini, al Parco Ferroviario tra i ferrovieri e i parenti degli stessi recatisi sul posto per avere notizie e sorpresi dall’ondata successiva. Diverse case, vicino alla piazza e lungo la Miranese, verso Mestre, furono abbattute o lesionate e diversi furono coloro che persero la vita sotto le macerie.
Nel secondo bombardamento, di dimensioni più estese, villa Ivancich fu rasa al suolo. Invece, della villa Cecchini (poi del Conte Giorgi), che fu antico monastero, rimasero miracolosamente intatte solo le antiche mura con la pregevole edicola religiosa del 1719, con statua della Vergine (rubata nel 2004 e sostituita da una copia), che ha dato il nome alla Via della Madonnetta. Stessa sorte toccò anche al capitello delle casette Saccardo, in via Miranese, rimasto incredibilmente in piedi accanto alle macerie del bombardamento. Catene fu cancellata quasi totalmente e le vittime furono numerose.
Fu distrutta anche la chiesa di Catene. Rimasero miracolosamenti intatti l'altare, il tabernacolo e la statua della Vergine. Lo scenario era apocalittico: case rase al suolo, profondi crateri e morti sfigurati dalle ferite e dal fango. Nelle due occasioni, prima dei funerali, il parroco era in chiesa, col volto rigato di lacrime e la corona del Rosario in mano, che pregava per tutti i figli, le cui spoglie erano composte in rudimentali casse d’abete.
L’occupazione dei Tedeschi non fu eccessivamente pesante. Si dedicarono a costruire fortini, barriere e fossati anticarro. Per realizzare queste difese si servirono di manodopera del luogo. Molti giovani, renitenti alla leva, vi trovarono lavoro e protezioni contro le retate dei repubblichini, pieni di livore verso l’alleato tedesco che proteggeva coloro che avevano osato disubbidire ai loro proclami.
I partigiani uscirono dalla clandestinità, verso la fine della guerra, opponendosi alle Brigate Nere, gli irriducibili della Repubblica Sociale di Salò nata sulle ceneri del fascismo, che, come un serpe colpito al capo, davano gli ultimi colpi di coda seminando lutti giustificati solo da cieco odio.
Venne la liberazione. Le famiglie sfollate tornarono alle loro case, se erano rimaste in piedi. Serpeggiavano ancora risentimenti verso coloro che avevano appoggiato il fascismo. Il parroco, dal pulpito, predicava la riconciliazione.
Con l’avvento dei partiti, gli animi si divisero in schieramenti contrapposti, con grande dolore del parroco che aveva sempre operato per l’unione. Si arrivò al punto che un giovane, fino a pochi anni prima chierichetto, non volle riconoscere il parroco recatosi a votare sprovvisto di documento d’identità personale.
Don Riccardo Bottacin nel 1927, in seguito all’annessione della parrocchia di Chirignago al Patriarcato di Venezia, venne incardinato al clero veneziano, acquisendo così tutti i privilegi concessi dalla Santa Sede ai parroci del Patriarcato (anello, mantelletta e partecipazione alle Nove Congregazioni del clero). Fu esaminatore sinodale, prosinodale e vicario foraneo. Il Patriarca buono e caritatevole Pietro card. La Fontaine ne volle premiare zelo e carità nominandolo, il 6 dicembre 1933, Canonico Onorario di San Marco. Dopo la guerra venne festeggiato il trentesimo anniversario della sua entrata come parroco. In quell’occasione, cedendo all’insistenza dei cappellani, indossò le insegne del suo grado; i parrocchiani, certamente più di lui, si vantavano di avere il parroco monsignore Protonotario Apostolico.
Accolse vari vescovi in visita pastorale tra cui ricordiamo il Beato Andrea Giacinto Longhin (9 maggio 1924), vescovo di Treviso e i Patriarchi di Venezia cardinali Pietro La Fontaine (16 novembre 1929), Adeodato Giovanni Piazza (21 aprile 1940), Carlo Agostini (30 marzo 1952) e il Beato Angelo Giuseppe Roncalli (7 luglio 1957; poi Papa Giovanni XXIII).
Aveva gusto musicale. Curava che le liturgie fossero accompagnate da canti e musica d’organo.
Dal 10 al 13 giugno 1907 partecipò al congresso regionale di musica sacra celebrato a Padova presso la Basilica del Santo, presieduto da padre Angelo De Santi di Roma, cui parteciparono tutti i nomi più illustri della riforma musicale in atto: Giovanni Tebaldini, Giuseppe Terrabuglio di Milano, Oreste Ravanello, mons. Giuseppe Maggio di Verona, Delfino Thermignon della Cappella Musicale Patriarcale di San Marco di Venezia, Ciro Grassi, mons. Giovanni Battista Cheso, mons. Raffaele Casimiri, ecc... Durante il congresso, cui presero parte anche il Patriarca di Venezia card. Aristide Cavallari, il vescovo di Treviso beato Andrea Giacinto mons. Longhin e il vescovo di Ceneda mons. Sigismondo Brandolini Rota, la sera dell'11 giugno fu inaugurato l'organo della cattedrale patavina, opera di Domenico Malvestio e figlio. Nell'Aprile 1925 mons. Bottacin ospitò un Convegno Ceciliano a Chirignago, nell'ambito delle iniziative di promozione della musica sacra, secondo i dettami della riforma voluta da Papa Pio X con il famoso Motu proprio de restauratione musicae sacrae - Inter pastoralis officii sollicitudines emanato il 22 novembre 1903, giorno della ricorrenza di Santa Cecilia.
Da grande appassionato e conoscitore di musica fondò e fece crescere il grande Coro “Lorenzo Perosi”, sotto la guida del M° Sante Zanon, che fu poi Maestro del Coro del Gran Teatro “La Fenice” di Venezia e che compose in omaggio a monsignore uno splendido Tantum ergo Sacramentum per voci bianche ed organo (inedito, lo spartito manoscritto è conservato nell'archivio parrocchiale). Il coro eseguiva prevalentemente canti liturgici, accompagnando le celebrazioni nelle grandi festività e nelle feste particolari, ma eseguiva anche applauditi concerti.
Si spese anche per tutte quelle attività che potessero favorire la promozione culturale ed il senso comunitario dei parrocchiani. Per questo, dopo la Prima Guerra Mondiale, fondò La Filodrammatica, che ospitava nel cinema-teatro "Alessandro Manzoni" (ora Sala "San Giorgio"). Lui stesso scriveva commedie scherzose per la filodrammatica.
Sotto forma di monologhi, che faceva recitare ai bambini o ai ragazzi, mons. Bottacin scriveva delle vere e argute prediche sulla bestemmia, sulla maldicenza o su qualche altro difetto dei suoi parrocchiani, che ne gradivano più la forma che la sostanza.
Una arguta nota sugli usi, costumi ed abitudini del suo popolo cerignaghese (di sua mano in occasione di un’agape con i suoi), rivela il carattere della gente. Il tutto lo riassume nelle “100 meraviglie di Chirignago”. In politica, in religione e nel commercio del pollame e delle piume… argutamente scherza coi suoi nomi, cognomi e soprannomi… tutto un mondo brioso ed allegro dei tempi passati.
Era abbonato all'Osservatore Romano, a Il Popolo Veneto, al Bollettino Diocesano e poi a parecchi periodici.
Era orgoglioso, come un padre, dei suoi figli e a chi insinuava che "a Chirignago se impianta fasioi co la rivoltela e nasse ladri", rispondeva: "e mi so el so piovàn!".
Soleva dire ai giovani che si accingevano a scegliere la loro compagna: “Accertatevi che sia buona, che sia brava e, poiché ci si sposa una volta sola, che sia anche bella”.
Di lui, molti potrebbero scrivere un aneddoto, ma tutti si sentirebbero imbarazzati nel timore di non riuscire a mettere in risalto la sua esemplare figura.
L’omaggio più bello, di noi che l’abbiamo avuto come padre e maestro, e che sicuramente gradirebbe, è imitarlo.
Fino agli ultimi giorni della sua vita, fu fedele al suo ministero; nonostante il freddo fortissimo, al mattino presto, era in chiesa inginocchiato che pregava o recitava il Rosario, vicino al confessionale, in attesa di qualche penitente, prima di celebrare la Santa Messa.
Si confessava ogni quindici giorni e il suo confessore era don Luigi Bernardi di Mestre, poi don Pietro Rossi sempre di Mestre.
Tutti ricordano la sua alta figura, eretta nonostante l’età avanzata, scossa di tanto in tanto da un tic nervoso, paternamente benedicente.
Un’altra figura molto amata di parroco, che lasciò solida testimonianza di carità e di umiltà, in un’epoca di difficili cambiamenti politici e sociali e di indimenticabili tragedie.
Prima di morire, sentì il mormorio della preghiera dei numerosi suoi parrocchiani che, nel freddo vespro del 3 gennaio 1958, s’erano spontaneamente riuniti sotto le finestre della sua camera. Tutti volevano dirgli ancora un grazie prima che morisse.
Morì alle ore 11.00 di sabato 4 gennaio 1958, nel giorno del suo ottantaduesimo compleanno, col conforto dei SS. Sacramenti e la Benedizione del Cardinale Patriarca di Venezia.
E la morte del giusto rimane scolpita nei cuori dei figli rimasti orfani. I funerali furono un trionfo del pastore buono, amato, dimentico delle pompe esterne, umile anche se di natali nobili. Il 7 gennaio 1958 erano tutti attorno alla sua bara, dal Patriarca Angelo Giuseppe card. Roncalli al sindaco di Venezia, con ben 70 sacerdoti delle diocesi di Venezia e Treviso e numerose autorità. Parlò il cardinale che pochi mesi dopo sarebbe diventato Giovanni XXIII, il Papa della bontà e della distensione… un vero plebiscito, un tributo doveroso d’amore per colui che resse per 44 anni il suo popolo.
Ecco l'orazione funebre di S.E. Angelo Giuseppe card. Roncalli, Patriarca di Venezia:
“Miei cari fratelli, e figliuoli.
Vi vedo qui convenuti in gran numero e so di molti altri che non possono trovar posto nel Tempio, convenuti tutti per un unico scopo: accompagnare all'ultimo viaggio il nostro venerato Pastore, il vostro arciprete mons. Riccardo Bottacin.
Che dirà il vostro Patriarca del suo degnissimo Sacerdote?
Poche parole. La mia presenza in mezzo a Voi è già una conversazione perché partecipo al vostro cordoglio, che è il cordoglio di ciascuno di Voi.
I molti anni e le preoccupazioni della cura parrocchiale avevano incurvato la persona e affievolito il tono della parola di mons. Riccardo Bottacin: ma lo sguardo conservava e dimostrava quello che gli occhi della fede gli facevano vedere, e la pietà sacerdotale gli faceva gustare.
Ricordo l'ultimo incontro che ebbi con lui a San Marco, durante la celebrazione del Sinodo Diocesano. Era seduto fra gli altri sacerdoti, quasi sfinito, ma con il volto sereno. Guardavo a lui con particolare comprensione, riconoscente per l'esempio che la sola presenza di una così veneranda figura del Clero veneziano offriva agli altri Confratelli, convenuti per la solenne assise diocesana.
Al termine della sessione, mentre tutti i Sacerdoti si levarono su, per rendere omaggio al loro Patriarca, volli portarmi io stesso fino a lui per porgergli un saluto, che fu l'ultimo che gli potei dare in questo nostro pellegrinaggio terreno.
Così lo rivedo e lo ricordo: e non so ripensare a lui che come ad un vero
"Sacerdos magnus", meritevole anche lui dell'elogio che la Chiesa riserva ai suoi Pontefici.
Per la grande anima che egli era,
"in diebus suis placuit Deo": la sua vita cioè piacque al Signore, imperniata come fu sempre su un grande amore a Dio, su un senso di abituale elevazione spirituale che egli alimentava nella costante preghiera.
"Et in tempore iracundiae factus est reconciliatio": nel tempo dell'ira fece opera di pace. Abbiamo tanti sacerdoti che sanno conciliare le varie cause di contrasti. In questa opera Mons. Bottacin rivelava la sua paternità: per lui non dovevano esistere ragioni di dissidio fra fratelli e la sola sua presenza era motivo di pacificazione degli animi.
La significazione della nostra presenza, in questo Tempio, dinnanzi alle spoglie mortali di Mons. Bottacin, oltreché espressione di mesto cordoglio è preghiera suffragante per la sua anima.
Noi la pensiamo già in Paradiso con gli Angeli e nella visione di Dio: e la immaginiamo vicina al trono divino. Ed è giusto e doveroso che ci uniamo in fraterna preghiera al Dio Misericordioso perché perdonandogli i debiti, che può avere contratto anche lui durante il suo pellegrinaggio su questa terra, lo accolga nelle braccia del suo eterno amore.
Come sono belle e soavi le espressioni che la Liturgia pone sul nostro labbro
"quia in Te speravit et credidit, non poenas inferni sustineat, sed gaudia aeterna possideat". Per Christum Dominum. Amen”.

Nell'impossibilità di tumulare la sua salma in chiesa, fu comunque sepolto a Chirignago, nello stesso sarcofago del suo predecessore, mons. Giovanni Battista Buso, in mezzo ai suoi figli, in attesa di resurrezione.

La speranza dei chirignaghesi (e non solo) è di poter aprire al più presto il processo di beatificazione di mons. Riccardo Bottacin.

Sul suo insegnamento molti sacerdoti lo seguirono primi i suoi numerosi cappellani:

don Arduino Infanti (dal 1912 al 1920)
don Romano Lazzarato (dal novembre 1920 al 1926). Nato a Meolo (diocesi di Treviso) nel 189, fu ordinato presbitero nel 1920 dal Beato mons. Andrea Giacinto Longhin, Vescovo di Treviso. Cappellano a Chirignago e a Sant'Andrea di Favaro Veneto, entrò nel clero veneziano in seguito all'annessione della parrocchia al patriarcato, della quale, nel 1929 divenne parroco. Si ritirò nel 1964. Morì il 10 giugno 1967.
don Augusto Bilibio (dal 1925 al 1928). Quando nel 1927 la parrocchia di Chirignago venne incorporata al Patriarcato di Venezia scelse di rimanere in servizio nella diocesi di Treviso.
mons. Giuseppe Mario Brugnolo (dal 1928 al 1931). Nato a Perarolo di Vigonza (Padova) nel 1902, fu ordinato presbitero dal Servo di Dio patriarca Pietro card. La Fontaine nel 1928. Cappellano a Mira e a San Silvestro, poi cappellano delle carceri e dell'Istituto delle Penitenti, nel 1941 divenne arciprete della parrocchia di Malamocco e canonico onorario di San Marco durante munere. Morì il 25 febbraio 1966.
mons. Carlo Scattolin (dal 1930 al 1935). Nato a Carpenedo (Venezia) nel 1906, alunno della parrocchia di San Trovaso, fu ordinato presbitero dal Servo di Dio patriarca Pietro card. La Fontaine nel 1930. Fu cappellano a Chirignago e a Zelarino. Nel 1938 divenne parroco a San Michele Arcangelo di Quarto D'Altino dove rimase per 39 anni, fino al 1976, donando tutto se stesso, lasciando nei cuori dei parrocchiani un ricordo profondo e vivo. Non avendo mai goduto di una grande salute, si ritirò nella Casa del clero "card. Piazza" prestando il suo ministero nella parrocchia dei Santi Apostoli e lasciando la cura delle anime a forze giovanili: però, anche lontano, visse sempre per la sua comunità di Quarto d'Altino, ricordandola nel testamento spirituale, perché la sua vita era là. Zelante pastore di anime, fu un prete devoto di Maria, discepolo di Gesù, vissuto per tanti anni spendendosi per i suoi fratelli, perchè dal peccato ritornassero a Dio: quasi quotidianamente morendo per loro, eucaristicamente e realmente. Canonico onorario di San Marco, morì il 21 gennaio 1988, prete da quasi 58 anni. Lasciò un breve testamento spirituale nel quale dichiarava di essere sempre vissuto e di voler morire nella fede nel suo Battesimo, ragione del suo sacerdozio. La Santa Messa esequiale fu celebrata a Quarto D'Altino dal Patriarca di Venezia Marco card. Cè. Fu sepolto a Quarto D'Altino, in mezzo alla sua gente, come da volontà espressa nel testamento spirituale, come un padre che torna in mezzo ai suoi figli.
S.Ecc. mons. Lino Zanini. Nato a Riese Pio X (diocesi di Treviso) il 6 maggio 1909, negli anni in cui il piccolo paese era sulla bocca di tutti perché paese natio del Papa Pio X allora regnante. Fu ordinato presbitero a Venezia dal Servo di Dio patriarca Pietro card. La Fontaine il 2 luglio 1933 (il padre era moribondo). S.Ecc. mons. Lino Zanini nel dicembre 1959, Nunzio Apostolico nella Repubblica DominicanaDopo un breve periodo di ministero pastorale svolto nelle parrocchie di San Giovanni Battista di Jesolo e di Chirignago, nel 1938 entrò nel servizio diplomatico della Santa Sede. Il 3 marzo 1939 Papa Pio XII lo nominò monsignore Cameriere Segreto Soprannumerario di Sua Santità. Prestò la propria opera presso le Rappresentanze Pontificie (Nunziature) in Equador, Cile, Perù, Belgio, Lussemburgo e Libano. Dopo un periodo trascorso nella Segreteria di Stato Vaticana, Il 25 febbraio 1957 Papa Pio XII lo nominò Incaricato d'Affari e poi internunzio apostolico in Iran. Il 16 giugno 1959 il Beato Papa Giovanni XXIII lo nominò Arcivescovo titolare di Adrianopoli di Emimonto e Nunzio Apostolico nella Repubblica Dominicana, Puerto Rico e Antille, ricevendo la consacrazione episcopale il 3 settembre 1959, festa di San Pio X, nel chiesa arcipretale del paese natale Riese Pio X, dal Patriarca di Venezia Giovanni card. Urbani (co-consacranti il Vescovo di Treviso mons. Antonio Mistrorigo e il Vescovo Ausiliare di Venezia mons. Giuseppe Olivotti). Il suo motto episcopale fu: "Per ignem et aquam". Partecipò al Concilio Ecumenico Vaticano II. Fu poi Officiale della Segreteria di Stato della Santa Sede (1961); Delegato Apostolico in Giordania, Cipro, Gerusalemme e in Palestina (dal 1962 al 1965), dove, il 4 gennaio 1964, accolse Papa Paolo VI, il primo pontefice pellegrino in Terra Santa; Internunzio e poi pro-Nunzio Apostolico nella Repubblica Araba Unita d'Egitto dal 1966 al 7 maggio 1969, quando fu nominato Nunzio Apostolico in Argentina. Il 20 dicembre 1973, dopo 35 anni di servizio diplomatico alla Santa Sede nei luoghi più diversi e in tempi mai facili, fu nominato Delegato Apostolico della Basilica di San Pietro in Vaticano, Delegato e Presidente della Fabbrica di San Pietro e Presidente dello Studio del Mosaico. Dal 1986 al 1989 fu anche Presidente della Commissione Permanente per la Tutela dei Monumenti Storici ed Artistici della Santa Sede, nominato dal Beato Papa Giovanni Paolo II.Lo stemma episcopale e la firma di S.Ecc. mons. Lino Zanini Lavorò con molte preoccupazioni in funzione del massimo tempio della cristianità: per il suo splendore, contro il pericolo di un invecchiamento, per guarire da malattie che potevano incrinare la bellezza della costruzione all'esterno e dello spazio interno. Mise a profitto del lavoro come Presidente della Fabbrica di San Pietro, quella preparazione tecnica che aveva ricevuto nelle scuole superiori veneziane da giovane. Se oggi i pellegrini possono scendere nelle grotte Vaticane e sostare allo stesso livello della tomba di San Pietro, se i sacerdoti possono celebrare sulla stessa tomba dell'Apostolo, se tanti hanno la possibilità di entrare nelle differenti cappelle: la Polacca, la Cappella Lituana, quella dei Santi Patroni, la Cappella Ungherese, tutti devono essere riconoscenti a mons. Zanini. Lui ha dato la possibilità di sostare vicino alle tombe dei Papi Paolo VI e Giovanni Paolo I, deposti vicino ai pontefici dei secoli passati. Se le grotte Vaticane hanno assunto la fisionomia attuale, e formano "un pietoso consorzio d'uomini grandi", da dove ripetono parole ed esempi di fede, ciò lo si deve a S.E. mons. Zanini. Tanti lavori fatti da S.E. mons. Zanini negli anni della sua presidenza, tante provvidenze, quali gli ascensori, che hanno facilitato la salita alla cupola e ai piani della basilica, ci informano di una attenzione tempestiva, con cui mons. Zanini coglieva i problemi e si impegnava con tenacità e sollecitudine a risolverli. Fu servo della Chiesa: ad essa servì con fedeltà. Ebbe sempre piena e costante consapevolezza del proprio dovere e delle proprie responsabilità. Ebbe fermezza nel guidare e nel correggere. La giustizia in lui era nutrita da prudenza. Fu cortese con tutti nel discorso e nel suo tratto. Fu inalterato anche in mezzo a opposizioni vivaci. Negli anni del lungo declino, dava la sua risposta luminosa di fede all'eternità, che chiamava con voce arcana e insistente: "So che il mio Redentore è vivo... lo vedrò io stesso, e i miei occhi lo contempleranno..." (cfr Gb 19, 25-27). Si preparò meticolosamente a quel passo. Accentuò la sua presenza alle solenni celebrazioni presiedute dal Beato Papa Giovanni Paolo II, prese parte a pratiche spirituali offerte alla Curia Romana, come gli esercizi spirituali annuali, le prediche d'Avvento e di Quaresima, rese frequenti visite alla tomba di San Pietro, e poi quella devozione a Maria, legata specialmente al Rosario. Quante siano state le corone del rosario di quegli anni lo potrebbero attestare gli angeli che, per dirla con Leone XIII, raccoglievano "ex his rosas mysteriis et pulchri amoris inclitae Matri coronas nectite". Precisa fu pure la preparazione di S.E. mons. Zanini sul piano pratico, del suo domani. Volle provvedere mezzi sufficienti perché futuri sacerdoti e seminaristi potessero perfezionare i loro studi, secondo le indicazioni dei loro vescovi. Non dimenticò la sua parrocchia di Riese Pio X, che fu sempre come la sua patria dell'anima. Per essa, ogni anno, provvedeva già una piccola elargizione, che attestava i legami fra la basilica di San Pietro, che fu il suo grande amore, e la sua parrocchia di origine, e i primi anni veneziani del suo sacerdozio. Morì ad 88 anni nelle prime ore del 25 ottobre 1997. La Santa Messa esequiale fu celebrata il 27 ottobre 1997 all'altare della Cattedra della Basilica di San Pietro in Vaticano, presieduta dal cardinale Virgilio Noè, Arciprete della Basilica di San Pietro, Presidente della Fabbrica di San Pietro e Vicario Generale di Sua Santità per la Città del Vaticano. Con il card. Noé concelebrarono, tra gli altri, il Presidente della Pontificia Accademia dell'Immacolata Concezione cardinale Andrzej Maria Deskur, il Presidente del Pontificio Consiglio per le Comunicazioni Sociali e della Filmoteca Vaticana cardinale John Patrick Foley (poi Gran Maestro dell'Ordine Equestre del Santo Sepolcro di Gerusalemme) con il Vescovo segretario mons. Pierfranco Pastore, l'Arcivescovo Vicegerente del Vicariato di Roma mons. Remigio Ragonesi, il Vescovo segretario della Prefettura degli Affari Economici della Santa Sede mons. Luigi Sposito, il Vescovo Vice Presidente della Pontificia Commissione per l'America Latina mons. Cipriano Calderòn Polo e i canonici della Basilica di San Pietro. Al termine del rito esequiale la salma fu traslata al paese natale Riese Pio X per essere tumulata nel locale cimitero.
don Luigi Scattolin senior (dal 1935 al 1938). Nato a Salzano (diocesi di Treviso) nel 1887, fu ordinato presbitero a Treviso nel 1912. Svolse il ministero a Mestre nella chiesa di santa Maria di Lourdes e quindi a Chirignago. Nel 1927 fu incardinato nel clero diocesano a seguito dell’annessione della parrocchia al patriarcato. Morì a Briana di Noale il 5 novembre 1961.
don Giuseppe Toniato (dal 1935 al 1938). Nato a Venezia nel 1912, alunno della parrocchia dei Carmini e poi dei Gesuati fu ordinato presbitero dal patriarca Adeodato Giovanni card. Piazza O.C.D. nel 1937. Fu cappellano a Chirignago e a santa Eufemia della Giudecca, poi rettore alla Maddalena e, dal 1951, vicario di san Bartolomio. Ha dedicato la sua attività pastorale all’insegnamento della religione nelle scuole pubbliche e alla predicazione della Parola di Dio al popolo, aiutando i fratelli a vivere secondo la fede. Colpito da una grave malattia, trascorse nell’Istituto Ospedaliero “San Camillo” agli Alberoni (Venezia) gli ultimi anni della sua esistenza, segnati da un graduale declino, purificato dalla lunga sofferenza, amorosamente assistito dalla rassicurante, continua presenza della sorella. Morì nelle primissime ore del 22 ottobre 1992, prete da 55 anni. La Santa Messa esequiale fu celebrata nella chiesa di San Salvador dal Patriarca di Venezia Marco card. Cè.
Mons. Ermenegildo Fusaro (1914-2002)mons. Ermenegildo dott. Fusaro (dal 1938 al 1943). Nato a Marcon (Venezia) il 5 maggio 1914, dal 1926 al 1931 fu allievo del Collegio Salesiano Astori di Mogliano Veneto, mantenendosi negli studi facendo il cameriere. Iscrittosi ai Cavanis di Venezia per frequentare il liceo, entrò successivamente in seminario e fu ordinato presbitero dal Patriarca Adeodato Giovanni card. Piazza O.C.D., il 3 luglio 1938, nella Basilica Santuario della Madonna della Salute. Dopo quattro anni di servizio ministeriale a Chirignago, dal 1938 al 1943, particolarmente nella zona di Catene di Chirignago, fu rettore di San Samuele per undici anni. Nel frattempo frequentava l'Università degli Studi di Padova e, nel 1946, si laureò in lettere. Fu insegnante nel Seminario Patriarcale (scuola media e liceo ginnasio) e in vari istituti e scuole in Venezia per l'insegnamento dell'italiano, del latino, della storia, della geografia e della religione cattolica. Fu anche assistente di diverse associazioni cattoliche. Predicatore forbito e caloroso, visse un momento di grande passione quando nel 1949-50 fu incaricato di curare la peregrinatio Mariae (i pellegrinaggi in diocesi della Madonna Pellegrina): devotissimo della Santa Madre di Gesù, la predicò con entusiasmo a tutta la diocesi. Nel 1953 fu nominato cappellano della Scuola Grande di San Rocco e rettore della chiesa omonima, curandone la devozione con dedizione encomiabile, diventando Cameriere segreto soprannumerario di Sua Santità (dal 1968 Cappellano di Sua Santità). Qui, per quasi 50 anni, dedicò tutto il suo impegno e la sua passione. Era anche Commendatore al Merito della Repubblica Italiana e Cavaliere dell'Ordine equestre del Santo Sepolcro di Gerusalemme. Mons. Fusaro godette di notorietà per la notevole capacità comunicativa che lo vide impegnato sia come appassionato ed efficace oratore in innumerevoli missioni in Italia ed all'estero, sia come scrittore di numerosi libri e pubblicazioni di carattere storico, agiografico, ascetico, apologetico, pastorale, ecologico e didattico. Fu un appassionato sacerdote, uomo di cultura, abile comunicatore e giornalista. Dal 1982 fu iscritto all'Ordine dei Giornalisti. Ottenne numerosi riconoscimenti, tra i quali il Premio Bontà assegnatogli nel 1968 dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri e il Premio nazionale di Cultura nel 1969 per il libro "Meraviglie di Animali e Orrori di Uomini". L'aspetto che lo rese a molti "simpatico" e talvolta anche oggetto dell'attenzione dei mass media, fu il suo grande amore per la natura e tutte le creature viventi, in particolare i gatti, i cani e i colombi che in più occasioni benediva davanti alla sua chiesa. Un innamorato della natura e di tutte le creature di Dio, che volle proteggere dalla noncuranza dell'uomo. Allo scopo fondò nel 1972 la "Lega Nazionale di San Francesco" il cui fine sarà l'impegno nella società e nella Chiesa a favore della natura e degli animali. Una figura caratteristica del presbiterio veneziano, un sacerdote esemplare, innamorato del suo essere prete e delle cose belle che il Signore gli ha concesso di fare, ha servito il Signore con tutte le energie che la vita gli ha dato. Morì ad 87 anni il 7 febbraio 2002 all'Ospedale Civile di Venezia, dopo una breve degenza, rettore di San Rocco da quasi cinquant'anni e prete da 64 anni. Era stato ricoverato la settimana precedente a seguito di una caduta, a causa della quale si era rotto il femore. Le sue condizioni si aggravarono subito. La Santa Messa esequiale fu celebrata il 9 febbraio 2002 dal Patriarca di Venezia Marco card. Cè nella chiesa di San Rocco. L'Associazione socio-culturale "Monsignor Ermenegildo Fusaro" nel 2012, in occasione del X anniversario della morte, ha presentato la sua Opera Omnia.
don Amedeo Viaggi (nel 1939). Nato a Reno Finalese (Modena) nel 1912. Ordinato presbitero dal patriarca Adeodato Giovanni card. Piazza O.C.D. nel 1939, fu cappellano a Chirignago e poi, per tutta la vita, cappellano a santa Maria Elisabetta del Lido. Scrisse uno splendido sonetto dedicato a mons. Bottacin (inedito, conservato nell'archivio parrocchiale). Dal 1958 fino alla morte esercitò il delicato compito di direttore dell’ufficio matrimoni della Curia patriarcale e, dal 1962, di notaio del Tribunale Ecclesiastico Regionale. Diligente e ordinato, generoso, umile, benvoluto e servizievole con tutti, compì fino all'ultima ora ciò che gli era richiesto, silenziosamente e generosamente, con quotidiana dedizione alle persone e ai compiti. Un servo generoso che ha servito i fratelli per amore del Signore, un cristiano fedele al Battesimo e alla sua vocazione, un religioso che ha dedicato 43 anni della sua vita al sacerdozio e che, nello stesso tempo, ha rivolto la sua attenzione ai giovani di tutto il mondo che bussavano alla sua porta in cerca di ospitalità. Morì improvvisamente durante il sonno il 17 novembre 1982. La Santa Messa esequiale fu celebrata dal Patriarca di Venezia Marco card. Cè.
don Romeo Carniato (dal 1939 al 1951). Basso di statura fisica, ma alto di statura spirituale, nel 1951 entrò nella Congregazione dei Padri Venturini di Gesù Sacerdote di Trento. Fu biografo di mons. Bottacin. Morì nel 2005.
mons. Aldo dott. Fiorin (dal 1942 al 1944). Nato a Genova nel 1917, alunno della parrocchia dell’Angelo Raffaele, fu ordinato presbitero dal patriarca Adeodato Giovanni card. Piazza O.C.D. nel 1942. Esercitò il ministero in diverse parti della diocesi. Fu incaricato come cappellano a Chirignago e poi a Jesolo, quindi divenne cooperatore all’Angelo Raffaele, a san Giacomo dell’Orio, cappellano alla Ca’ di Dio e vicario a san Fantin. Dal 1944 al 1948 fu a Roma per conseguire la licenza in Teologia presso la Pontificia Università Gregoriana, poi per dieci anni fu insegnante di biblica in Seminario. Nel 1956 venne nominato parroco ai SS. Geremia e Lucia, dove rimase per 25 anni, geloso custode delle reliquie di santa Lucia. Nel 1981 divenne canonico residenziale di san Marco. Ricoprì numerosi incarichi diocesani: censore dei libri, membro delle commissioni d'esame per il clero giovane, dell'apostolato delle comunicazioni sociali, specialmente nel settore del cinema e dello spettacolo. Fu forte promotore delle sale della comunità. Quest'ultimo fu un interesse costante di tutta la sua vita: si occupò infatti per decenni con particolare passione e competenza delle sale cinematografiche parrocchiali come delegato diocesano dell'A.C.E.C. (Associazione Cattolica Esercenti Cinema) e del G.A.T. (Gruppo Attività Teatrale), accumulando un ponderoso e fornitissimo archivio di preziosa documentazione. Dal 1997 canonico emerito di San Marco. Lasciata la parrocchia, si dedicò nuovamente, con la passione di un giovane, agli studi accademici, lavorando tenacemente alla tesi di dottorato su Clemente Alessandrino. Vennero però subito gli anni della lunga purificazione nella sofferenza e dei frequenti ricoveri in ospedale, vissuti con la paziente consapevolezza di compiere la volontà di Dio. Negli ultimi anni di vita la sua attività si mutò in dolorosa sofferenza offerta a Dio per la nostra Chiesa. Il 5 ottobre 1999, dopo una notte inquieta, prima dell'alba, presumendo di dover affrontare l'ennesimo ricovero in ospedale, chiese il Breviario per celebrare la liturgia delle Ore. La fedeltà alla liturgia delle Ore era la sigla della vita sacerdotale di cui fu testimone esemplare. Morì addormentandosi dolcemente, verso le nove, mentre la sorella gli era accanto, prete da 57 anni. La Santa Messa esequiale fu celebrata in Basilica di San Marco dal Patriarca di Venezia Marco card. Cè.
don Pietro Salvalajo (dal 1944 al 1948). Nato a Oriago (Venezia) nel 1912, alunno della parrocchia di santa Maria Maddalena di Oriago, fu ordinato presbitero dal patriarca Adeodato Giovanni card. Piazza O.C.D. nel 1939. Fu cappellano a Carpenedo, a Caorle, a Chirignago, a Favaro Veneto e infine a san Trovaso. Nel 1949 fu nominato curato autonomo a Marango di Caorle e poi parroco della medesima parrocchia. Nel 1963 fu trasferito alla parrocchia di san Michele di Marghera. Morì l'11 agosto 1976.
mons. Giovanni Fattore. Nato a Caselle di Santa Maria di Sala (diocesi di Treviso, provincia di Venezia) il 16 novembre 1924, alunno della curazia di Marghera, fu ordinato presbitero dal Patriarca Adeodato Giovanni card. Piazza O.C.D. il 22 giugno 1947. Fu cappellano a Chirignago, a Carpenedo ed alla Gazzera, dove divenne parroco il 29 giugno 1955. Il 28 febbraio 1968 fu trasferito alla parrocchia di San Felice e il 1 settembre 1984 fu nominato arciprete di Caorle, successore di mons. Odino Spolaor, assumendo contemporaneamente il titolo di canonico onorario della Basilica di San Marco. Guida paterna, pastore zelantissimo e di grande sensibilità verso i poveri, col cuore del Buon Pastore, piuttosto timido, buono, discreto, sempre di corsa, preso dalla sua cura d'anime e dai suoi giovani, accurato nella predicazione, volendo dare alla comunità il pane buono della Parola di Dio, aperto alla novità del Concilio, ma anche rispettoso del cammino e dei tempi della comunità che gli era stata affidata. Quando fu trasferito da San Felice a Caorle, un gruppo di persone andò dal Patriarca Marco card. Cè ad esprimere dispiacere e disappunto per la sua decisione e una mamma chiese: "Patriarca, da chi andranno a confessarsi i miei figli?". Così mons. Giovanni Fattore aveva risposto, in un'intervista di sei anni prima nel settimanale diocesano Gente Veneta, al giornalista che gli aveva chiesto le sue maggiori soddisfazioni di parroco a Caorle e i suoi rimpianti: "Soddisfazioni ancora maggiori mi vengono dal rapporto con le persone, con i giovani soprattutto, specie attraverso la confessione. Questi incontri mi fanno capire il motivo per cui vale la pena essere prete: ci sono momenti veramente straordinari [...]. Io vengo dalla parrocchia di San Felice a Venezia: là c'era un rapporto di grande familiarità con tutti i parrocchiani, ci si trovava spessissimo per strada, era semplice incontrarsi. Qui magari c'è maggiore partecipazione alle iniziative [...]. Proprio per la Missione c'è stata una grande accensione di entusiasmi: direi quasi che questa disponibilità mi ha allietato quanto mai mi era accaduto nei 5 anni precedenti a Caorle: mi sento anch'io trascinato dall'entusiasmo della gente". Un uomo veramente vissuto per il Signore e morto per lui, una vita tutta per gli altri. Morì in modo improvviso, per embolia polmonare, il 21 ottobre 1996, nella Casa di cura Rizzola di San Donà di Piave, quando ormai tutti contavano sul suo prossimo rientro in parrocchia. La Santa Messa esequiale fu celebrata nella Cattedrale di Caorle dal Patriarca di Venezia Marco card. Cè. All'uscita dalla chiesa la salma fu accompagnata dal canto alla Madonnina del Mare, cantata dai suoi figli di Caorle a introdurlo in Paradiso.
mons. Primo Zanardi (dal 1948 al 1958). Nato a Peraga di Vigonza (Padova) nel 1920, alunno della parrocchia di santa Maria Maddalena di Oriago, fu ordinato presbitero dal Patriarca Adeodato Giovanni card. Piazza O.C.D. nel 1943. Fu cappellano a Carpenedo e a Chirignago, che ricordava con amore, dove fu anche vicario economo quando la parrocchia fu vacante per la morte di mons. Riccardo Bottacin, dal 4 gennaio al 23 marzo 1958. Nel marzo 1958 divenne arciprete di san Nicolò di Mira. Il 7 gennaio 1979 fu il prete che accolse e rivolse il primo saluto al nuovo Patriarca di Venezia Marco Cè, nel giorno del suo ingresso nel territorio della diocesi. In un clima festoso, tutt'altro che formale, di schietta familiarità e condivisione, mons. Zanardi diede uno dei primi consigli: "Qua eminenza occorrerà studiare il veneziano, il nostro dialeto". Poi, davanti alla chiesa di San Nicolò, con la Mira Lanza alle spalle, all'incontro con la gente di Mira, con il sindaco Sbrogiò e i nove parroci della forania, dal palco con il piazzale stracolmo disse: "Per noi ha grande significato l'arrivo del Patriarca a Mira, come già fecero nel 1949 mons. Agostini e nel 1953 il Cardinale Angelo Roncalli". Mons. Cè, rispondendo anche al saluto del sindaco disse: "Ci sono tanti problemi che ci aspettano, problemi enormi che occorre affrontare, ognuno con le proprie responsabilità, cercando di realizzare quella patria di libertà, di rispetto per l'uomo che Dio ha voluto annunciare". Amò Dio, amando la sua gente: credeva in Dio e nella sua misericordia, e amava la sua gente. Un prete così umano, e proprio perché umano, vero prete, uomo ponte perché Dio venisse alla sua gente e questa si incontrasse con lui. Cappellano d’onore di Sua Santità, abbastanza presto fu colto da un certo calo di efficienza che gli causò molta sofferenza, fisica e soprattutto morale. Nel 1984 rinunciò, per motivi di salute, alla parrocchia, dove rimase come parroco quiescente fino alla morte, scegliendo di rimanere in mezzo ai suoi. Morì il 21 gennaio 1989, nel modo più straordinariamente bello per un prete, celebrando la Santa Messa, mentre incominciava la domenica: un segno di Dio su una vita e su una morte. Un prete vissuto per il Signore e morto nel Signore. Il Signore stesso venne a prenderlo, durante la Messa, per introdurlo nella festa della fine, quasi a proclamare l'identificazione salvatrice fra la morte di questo prete e quella di Gesù, per la risurrezione di noi tutti; quasi per dire di lui quello che il sommo sacerdote disse di Gesù: "È necessario che uno muoia per tutti". La Santa Messa esequiale fu celebrata a San Nicolò di Mira dal Patriarca di Venezia Marco card. Cè, circondato dai preti della Riviera del Brenta.
mons. Giuseppe Molin (dal 1950 al 1954). Nato a Burano nel 1914, fu ordinato presbitero dal Patriarca Adeodato Giovanni card. Piazza O.C.D. nel 1941. Svolse il suo ministero a Zelarino, accanto a don Federico Tosatto, durante gli anni terribili della Seconda Guerra Mondiale. Nel 1946 divenne curato a Lio Piccolo e poi, nel 1950, cappellano a Chirignago, voluto da mons. Riccardo Bottacin, con la cura pastorale di Catene, allora piccolo borgo prevalentemente agricolo che portava ancora le ferite della guerra e poi in poco tempo grosso agglomerato di case abitate dagli operai della vicina Marghera. Nel 1954 divenne parroco di Catene, costruendovi sia gli edifici per il culto e per le opere pastorali, sia prodigandosi in un'intensa attività pastorale. Dal 1950 al 1991 costruì tutto. Ma, va detto, non fu solo costruttore di muri; con la forza che gli era propria, raccolse la comunità cristiana, promosse la vita associativa, in particolare l'Azione Cattolica, visitò sistematicamente le famiglie che via via arrivavano, spesso molto povere, assistendole con la sua carità. Fu un buon pastore che non si risparmiò in nulla per coloro che il Signore gli aveva affidato. Prete all'antica, dalla tempra combattiva ed instancabile, percorse centinaia di chilometri in sella alla sua bicicletta. Partiva di buon'ora e di presentava agli uffici-personale degli stabilimenti del Porto per trovare un lavoro a decine di padri di famiglia. E poco importava se questi frequentassero la parrocchia...; sapeva bene che è duro parlare di anime e di religione a chi la sera ha la pancia vuota. Di qui l'impegno a trovare a molti un'occupazione, a pagare affitti e carbone per la stufa. Nella lettera di congedo dai parrocchiani, nel 1991, scriveva così: "Un desiderio mi sia permesso di esprimervi... quando il Signore mi chiamerà, desidero che la mia salma sia portata in questa mia chiesa", dedicata alla Madonna della Salute. Un prete vissuto per il Signore e morto per il Signore. Morì il 17 novembre 2000. La Santa Messa esequiale fu celebrata nella chiesa di Catene il 20 novembre 2000 dal Patriarca di Venezia Marco card. Cè, circondato dall'affetto e dalla preghiera dei suoi figli, dei sacerdoti che presero da lui il testimone, di quelli che collaborarono con lui e anche di quei giovani preti la cui vocazione maturò nel campo del suo lavoro e di cui lui andava fiero come un generale va fiero delle sue medaglie; tutti presenti, come figli affettuosi e riconoscenti.
don Nicola Tóth (nel 1951). Nato a Budapest (Ungheria) nel 1921, a soli otto mesi è vittima di una grave malattia, contro la quale i medici non hanno rimedi. La madre raggiunge il marito Giulio, che lavora a Venezia, titolare dell'albergo "Budapest" a San Moisè, portando con sé il bambino in fin di vita. Qui la Madonna della Salute lo fa tornare miracolosamente sano, segnando l'inizio di un lungo percorso sotto la Sua protezione. Il seme di una decisa scelta vocazionale è già presente negli anni degli studi, quando la madre, vedendo già il figlio maggiore Giulio avviato al sacerdozio nel seminario veneziano, lo vorrebbe medico: è invece la cura delle anime a chiamarlo con forza. Terminato il Secondo conflitto mondiale è ordinato presbitero a Roma l'11 ottobre 1948. Le prime esperienze, nelle parrocchie di Venezia e in terraferma, sono brevi: San Silvestro, Chirignago... già il suo sguardo è rivolto più in là, ed è parroco tra verdi paesini sui Pirenei, nella diocesi di Tarbes e Lourdes in Francia, sempre vicino a Maria. Ma un richiamo a orizzonti ancora più vasti ben presto si fa sentire: e un giorno, agli inizi degli anni Sessanta, quando il boom sembra offrire a tutti un benessere materiale senza precedenti, padre Nicola parte invece per il povero e lontano Perù, come missionario degli Oblati di San Giuseppe. Una scelta decisiva: tutt'altro che una rinuncia, ma la piena realizzazione di una grande vocazione. Eccolo allora raggiungere a cavallo, e magari anche a piedi, attraverso impervi sentieri scavati dagli Incas, remoti villaggi andini, dove l'arrivo di un sacerdote è un dono prezioso di Dio, che tutti attendono con gioia. Gente buona, con cui padre Nicola costruisce strutture sociali e chiese. Sullo sfondo c'è la persistenza della grande figura di Papa Giovanni XXIII, già patriarca di Venezia, mantenuta viva nell'amicizia con il suo segretario particolare, l'arcivescovo mons. Loris Francesco Capovilla, con il quale rinnova un ininterrotto scambio epistolare. Commovente il suo incontro con la Beata madre Teresa di Calcutta, alla quale chiede umilmente "Benedicimi", e lei risponde "No, benedicimi tu". Dopo vent'anni a tremila metri, padre Toth ne trascorre altri trenta nei sobborghi di Lima, in quartieri dove neppure la polizia osa entrare, e dove un'altra povertà si manifesta nei drammi dell'alcol, della droga, dell'AIDS. Anche qui trova comunque una famiglia e stuoli di bimbi che si stringono a lui, riempiendo il refettorio e la scuola, dove insegna loro a cantare e a costruire un futuro diverso. Nel corso di mezzo secolo, padre Nicola di bambini ne ha battezzati davvero tanti: più di ventimila, una paternità spirituale ineguagliabile. Il 6 novembre 2008 ha festeggiato a Venezia i 60 anni di sacerdozio e 87 di età, con una messa celebrata nella chiesa di Santa Maria del Giglio, che l'aveva visto chierichetto. Dopo aver toccato anche l'Ungheria in questo suo viaggio della memoria, ha fatto ritorno in Perù.
Il fratello di don Nicola, mons. Giulio Toth (Gyula Tóth), nato a Budapest il 3 gennaio 1920, studiò al Seminario Patriarcale di Venezia negli stessi anni di Loris Francesco Capovilla; rientrato in Ungheria, venne ordinato presbitero il 30 giugno 1946 a Györ, per l'imposizione delle mani del grande Arcivescovo di Esztergom, il servo di Dio József card. Mindszenty. Dall'amata terra magiara, caduta in mani comuniste, tornò in Italia e visse un nuovo periodo veneziano, collaborando tra l'altro con mons. Giuseppe Spanio nell'associazione giovanile UGA, dove fu ricordato per moltissimi anni, con nostalgia, per la sua finezza d'animo e per la sua religiosità. In quel periodo donò il suo contributo alla benemerita azione svolta dalla delegazione ungherese, con sede in Austria, per i rifugiati politici. Fu quindi a Roma, per un lungo periodo, alla Segreteria di Stato Vaticana; partecipò, come componente dell'Anticamera Pontificia, alle numerose ed affollatissime udienze del Beato Papa Giovanni XXIII; insegnò religione negli istituti scolastici superiori della capitale. Fu Coadiutore della Basilica Papale di San Pietro in Vaticano e membro della Fondazione Santo Stefano d'Ungheria. Celebrò per molti anni la Messa feriale nella chiesa dei Padri Trinitari, a Santa Maria delle Fornaci, vicino alla sua casa. Si spense a Roma, in una clinica di via Aurelia, il 10 marzo 2011. Ecco un breve ricordo di mons. Loris Francesco Capovilla, con lui in Seminario, rilasciato nel 2011, in occasione della sua morte: "Quando suo fratello padre Nicola mi ha fatto sapere che don Giulio era morente, gli ho telefonato, per un ultimo saluto. E ho avuto la conferma, anche in quella conversazione resa così faticosa dalla sua condizione, che se ne stava andando un santo prete. Un uomo buono, dotto e umile, che ha servito la Chiesa e i fratelli per tutta la vita. [...] Una illustre famiglia ungherese, costretta nel 1919 dai disordini politici in corso a lasciare la propria patria. Arrivarono a Venezia e comprarono un palazzetto che adibirono ad albergo, ad uso soprattutto dei visitatori provenienti dall'Ungheria e dal centro Europa. Erano una famiglia esemplare: ricordo il padre di don Nicola, una figura angelica, paragonabile a un Tobia, a un Giobbe: lo incontravo per i Quaresimali del patriarca La Fontaine. E ricordo i numerosi figli della famiglia Toth, che a Venezia si erano ambientati benissimo, tanto che parlavano il veneziano perfettamente. [...] Lo ricordo alla Segreteria di Stato dove, poliglotta com'era, è stato di grande aiuto per i profughi dell'Ungheria. [...] Padre Nicola mi ha chiamato dal suo Perù dove da tanti anni sta facendo opere di bene, specie per i bambini e i più poveri. E nell'annunciarmi la morte di don Giulio ho sentito come è stato capace di fare vibrare la fede, la pietas e l'amore per il fratello e la patria lontana".
don Ettore Moschino (dal 1951 al 1953). Nato a Venezia nel 1928, alunno alla parrocchia di san Canciano, fu ordinato presbitero dal patriarca Carlo Agostini nel 1951. Fu successivamente cappellano a Chirignago, nel 1953 cooperatore a san Salvador e nel 1957 ai Carmini, con l’ufficio di vicario a san Barnaba. Nel 1967 fu nominato parroco di santa Maria del Rosario ai Gesuati, dove si prodigò generosamente in molteplici iniziative pastorali, promuovendo in particolare la devozione alla Madonna con la “Legio Mariae”. Morì il 12 maggio 1975.
don Mario Bagagiolo (nel 1953). Nato a Venezia nel 1924, alunno della parrocchia di Santo Stefano, fu ordinato presbitero dal patriarca Adeodato Giovanni card. Piazza O.C.D. nel 1948. Fu cooperatore a san Cassiano, a Eraclea, a san Lorenzo di Mestre, a san Samuele, a santa Maria Elisabetta e a sant’Antonio del Lido. Fu assistente nella Facoltà di lingue e letterature straniere (lingua russa) dell’Università di Ca’ Foscari. Insegnante presso le suore di Nevers; catechista nelle scuole superiori; nel 1966 assistente regionale dell’Associazione Guide Italiane. Morì il 21 marzo 1972.
don Luigi Scattolin junior (nel 1953). Nato a Scorzè (Venezia) il 18 agosto 1913. Nel 1934 emigrò con la famiglia in Francia, nell'Arcidiocesi di Albi (-Castres-Lavaur), dove proseguì gli studi nel locale seminario. Fu ordinato presbitero il 24 giugno 1941 dall'Arcivescovo Jean-Joseph-Aimé Moussaron, che gli assegnò l'ufficio di insegnante di lettere nel seminario minore di Castres, incarico che conservò dal 1941 fino al 1953, anno in cui la famiglia ritornò a Venezia. Fu incardinato nel clero del Patriarcato di Venezia e fu per un breve periodo vicario parrocchiale a Chirignago, quindi insegnante di lettere nel seminario minore di Fietta, e ancora vicario parrocchiale a Zelarino. Nel 1957 fu nominato parroco a Santa Caterina vergine e martire di Ca' Noghera dove restò sei anni, fino al 1963 quando, per motivi di salute, andò a vivere a Tessera, presso la famiglia del fratello gemello, conducendo una vita molto riservata, partecipando però sempre, finché le condizioni di salute glielo consentirono, con generosa disponibilità, alla vita della parrocchia. Riservato ma disponibile, assolutamente non invadente ed anzi molto rispettoso delle competenze altrui: fu proprio questo il suo tratto distintivo. Negli ultimi anni, l'anzianità e il declino delle forze lo bloccarono in casa. Morì all'ospedale civile di Mestre, nelle prime ore del 19 marzo 2007, a 93 anni: era il prete più anziano del Patriarcato di Venezia, sacerdote da 65 anni. La Santa Messa esequiale fu celebrata il 21 marzo 2007 dal Patriarca emerito di Venezia Marco card. Cè, nella chiesa di Santa Maria Assunta a Tessera.
don Giovanni Sari (dal 1954 al 1958). Nato a Levada di Ponte di Piave (Treviso) il 16 aprile 1914, fu ordinato presbitero nella Congregazione dei Figli della Divina Provvidenza di San Luigi Orione dal vescovo di Tortona mons. Egisto Melchiori nel 1950. Fu incardinato nel clero del Patriarcato di Venezia nel 1955. Ricoprì gli incarichi di cappellano a Marano Veneziano e poi, dal 15 dicembre 1957, voluto dallo stesso mons. Riccardo Bottacin, curato autonomo di Santa Maria del Suffragio ad Asseggiano, di cui divenne primo parroco, dal 1958 al 1988. La data dell'erezione della parrocchia, l'8 settembre 1958, coincide con quella della sua nomina a parroco. Si potrebbe dire che Asseggiano quasi totalizzò la vita sacerdotale di don Giovanni. Fu un prete di preghiera, dedito al confessionale, che conosceva coloro che il Signore gli aveva affidato, felice delle vocazioni al sacerdozio ministeriale che spuntavano intorno al suo ministero e che curò in modo particolare. Un prete devotissimo alla Beata Vergine Maria e che, durante i suoi 41 anni di sacerdozio, di cui 34 trascorsi ad Asseggiano, col suo ministero di parroco, aiutò i suoi a diventare figli di Dio e a vivere come tali, preparandoli all'incontro col Salvatore Gesù. Il Signore alla fine della vita lo fece passare attraverso il crogiolo d'una lunga malattia, per purificarlo, come l'oro è purificato col fuoco, ma anche per dare alla sua comunità la possibilità di esprimergli il suo affetto, ricevendo così la corona della riconoscenza. I parrocchiani, uomini e donne, lo assistettero con generosa dedizione, come si fa con un padre. Il nuovo parroco di Asseggiano, don Luigi Casarin, gli fu vicino con amore filiale negli ultimi anni della sua vita. Morì il 12 agosto 1991. La Santa Messa esequiale fu celebrata dal Patriarca di Venezia Marco card. Cè, nella chiesa di Asseggiano, che don Giovanni aveva costruito, nel cuore della comunità che amò e per la quale spese il suo ministero sacerdotale. Riposa nel cimitero di Chirignago, accanto al sarcofago dei parroci mons. Bottacin e mons. Buso; sulla sua tomba l'epitafio "La Comunità di Asseggiano al suo primo parroco con riconoscenza".
don Silvio Fregnan. Nato a Contarina (diocesi di Chioggia) nel 1896, fu ordinato presbitero dall'Arcivescovo di Spoleto mons. Pietro Tagliapietra nel 1934. Parroco di san Pietro di Bazzano Superiore (Spoleto) fino al 1957 quando venne a Venezia per motivi di salute e fu incardinato nel 1963. Esercitò il ministero a Chirignago, Ca' Emiliani, Portegrandi, Quarto D'Altino e infine presso la Casa di Riposo dei SS. Giovanni e Paolo. Morì il 15 dicembre 1963.
Infine un ricordo particolare per don Antonio Saccardo. Nato a Venezia nel 1872, alunno della parrocchia di Santa Maria Gloriosa dei Frari, fu ordinato presbitero nel 1896 dal Patriarca Giuseppe Melchiorre card. Sarto (poi Papa Pio X, beatificato e canonizzato da Papa Pio XII). Fino al 1928 fu cooperatore ai Frari, poi vicario di San Polo e cooperatore a San Cassiano. Grazie alla sua famiglia fu sempre legato alla comunità di Chirignago, fin dai tempi del parrocato di mons. Giovanni Battista Buso. Morì il 17 novembre 1940; riposa nel cimitero di Chirignago, accanto ai suoi numerosi familiari. Sulla sua tomba l'epitafio: "L'invito di Gesù ai fanciulli fu l'ansia del suo cuore sacerdotale a cui tutto dedicò fin l'ultima ora di sua vita".

 

Da cinquant'anni la parrocchia non dava un sacerdote. Mons. Riccardo Bottacin iniziò una crociata di preghiere e il suo frutto furono diverse vocazioni. Furono quindici i giovani di Chirignago che ne seguirono le orme da lui tracciate. Essi sono:

- Emilio Stefani, coadiutore salesiano, nato a Chirignago nel 1904, pio, versatile e docile in tutto, era sempre animato da un vivo spirito di fede che gli rese preziosa la sua breve esistenza e lietissime le ultime ore. Morì come un santo a 30 anni, il 7 luglio 1934 presso Piossasco (Torino), edificando tutti i confratelli.
- fratel Fabiano Dalla Valle, frate cercatore, nato a Villabona di Chirignago nel 1903, è battezzato col nome di Umberto. Nel 1910 è cresimato a Mestre dal vescovo di Treviso il beato Andrea Giacinto Longhin. Compie il servizio militare a Napoli nel 1924-25. Al ritorno chiede di farsi cappuccino e l'arciprete don Riccardo Bottacin dichiara per lui: "È socio del Circolo della Gioventù Cattolica, è membro del Terz'Ordine Francescano; si distinse fin da giovanetto fra i compagni per soda pietà, carattere dolce, docilità e rispetto verso i genitori ed i superiori, frequenza ai sacramenti". Nel 1926 entra come postulante nella fraternità di Thiene. Nel 1927 prende la veste da religioso. Nel 1928 fa la professione temporanea a Bassano e subito dopo viene trasferito a Venezia come questuante di campagna e vive forti umiliazioni chiedendo l'elemosina nel paese di origine. Nel 1931 fa la professione perpetua. Fra i tanti servizi svolti da fratel Fabiano si ricordano quello di infermiere, quello di assistente nel Seminario dei Cappuccini di Verona, quello di addetto all'accoglienza presso la Curia Generale di Roma. È riconosciuto dai confratelli sempre umile, attento, paziente, silenzioso e servizievole secondo la regola francescana che suggerisce: servire e scomparire. Nel 1986 per l'età e la poca salute è ricoverato nell'infermeria di Conegliano dove nel 1990 entra in uno stato di coma. Muore nel 1995 e viene sepolto a Marghera.
don Giuseppe Baldan S.d.B., salesiano, nato nel 1903, celebra la prima messa a Chirignago il 14 luglio 1940. Partecipa come cappellano militare degli Alpini alla Campagna di Russia e rimane mutilato a una gamba per asssideramento nella sacca del Don. Muore ad Alessandria nel 1972.
Carlo Bagato, nato a Villatora (Padova) nel 1919, alunno della parrocchia di Chirignago, ricevette i ministeri dell'ostiariato e del lettorato dal Patriarca Adeodato Giovanni card. Piazza O.C.D. nel 1940. Morì a 23 anni, il 2 aprile 1942, durante il terzo corso di teologia del Seminario Patriarcale.

don Livio De Pazzi, presbitero diocesano, nato a Chirignago il 20 marzo 1922. Ammalatosi gravemente in prossimità del sacerdozio, fu ordinato all'ospedale dal Patriarca di Venezia Adeodato Giovanni card. Piazza O.C.D.; morì qualche mese dopo, il 20 aprile 1946, a soli 24 anni; ebbe la consolazione di celebrare 14 Sante Messe; riposa nello stesso sarcofago dei parroci mons. Bottacin e mons. Buso; per lui l'epitafio "al sacerdote novello eterna pace".
don Bruno Berton, presbitero diocesano, nato a Chirignago il 14 aprile 1922, entrato in seminario nel 1934, è stato ordinato presbitero dal Patriarca di Venezia Adeodato Giovanni card. Piazza O.C.D., il 23 giugno 1946, celebra la prima Messa il 29 giugno 1946. Appena ordinato sacerdote fu mandato a Caorle come cappellano. Nel 1948 fu inviato come Curato a Ca' Corniani, una frazione di Caorle, dove gettò le basi di quella che sarebbe diventata più tardi una nuova parrocchia. Nel 1952 il Patriarca Carlo Agostini lo chiamò a reggere come parroco la parrocchia di San Michele Arcangelo di Marghera. Era il più giovane parroco della diocesi e si trovò di fronte ad una comunità che allora gravitava attorno alla parrocchia di Sant'Antonio, con una chiesa appena costruita in un terreno costellato di buche, triste ricordo della guerra. In una decina d'anni, San Michele diventa una comunità fiorente. La sua casa, la canonica, è sempre aperta ai giovani, tanto che la eleggono a luogo di ritrovo. Anche i suoi genitori sono molto ospitali e disponibili: la sua mamma, signora Teresa, faceva loro assaggiare, di tanto in tanto, qualche fetta di torta fatta "in casa". La nuda chiesa, terminata nel 1951, aveva bisogno di tutto. Piano piano, con l'aiuto e il concreto contributo dei parrocchiani, fu posato il pavimento, costruiti gli altari laterali, abbellito l'altare maggiore e installate delle artistiche vetrate. Di tutto questo, don Bruno fu il motore. La parrocchia fu dotata di una nuova struttura per l'insegnamento della dottrina cristiana, le associazioni, le feste di San Michele con le giostre e la pesca di beneficenza che finanziariamente tamponava tante situazioni critiche... Quella che anche dal punto di vista religioso era la periferia della parrocchia di Sant'Antonio divenne, in meno di dieci anni, la parrocchia di San Michele, con una sua identità e con una comunità fiorente, come ebbe a dire il Patriarca di Venezia Angelo Giuseppe card. Roncalli, quando andò in Visita Pastorale nel 1957. Nel 1963, lasciò la parrocchia perché il Patriarca Giovanni card. Urbani lo volle a fianco del vescovo ausiliare mons. Giuseppe Olivotti, a collaborare nella direzione delle colonie e della Pontificia Opera di Assistenza diocesana e all'O.N.A.R.M.O. (Opera Nazionale Assistenza Religiosa e Morale agli Operai). Su richiesta dei superiori, iniziò contemporaneamente ad insegnare Religione all'Istituto Tecnico Commerciale "Francesco Foscari" per geometri e ragionieri. Lasciato l'insegnamento, fu più volte incaricato a preparare ed organizzare l'entrata di nuovi parroci nelle varie parrocchie. Collaborò inoltre alla pastorale turistica, spostandosi frequentemente nelle parrocchie del litorale. Passò quindi a reggere l'Ufficio Matrimoni della diocesi a Mestre, in Villa Elena, e contemporaneamente l'Ufficio Chiese in Curia a Venezia. Continua, ancor oggi, la cura d'anime, che gli è tanto cara ed in cui si sente veramente realizzato, aiutando i sacerdoti della parrocchia di San Marco Evangelista a Mestre e delle parrocchie vicine, specialmente per le confessioni. Attualmente vive presso il Centro "Don Vecchi" di Mestre. Un amico saggio, un sacerdote buono, che ha sempre capito i problemi della sua gente.
Padre Giuseppe Da Lio C.S.Ch, della Congregazione delle Scuole di Carità dei Padri Cavanis di Venezia, celebra la prima messa il 19 giugno 1947. È stato a lungo parroco nelle missioni dell'America del Nord. Conosciuto come Father Joseph Da Lio è stato parroco a Walla Walla e poi per 22 anni a Valley (stato di Washington - U.S.A.). Morì a 68 anni il 23 agosto 1991. La Santa Messa esequiale fu celebrata dal vescovo di Spokane, mons. William Stephen Skylstad. Riposa nel Holy Cross Cemetery di Spokane (stato di Washington - U.S.A.). A Father Joseph Da Lio è intitolato il posto di prima tromba Memorial Chair della Walla Walla Symphony Orchestra.
mons. Odino Spolaor, presbitero diocesano, nato a Spinea (Venezia), diocesi di Treviso, il 2 aprile 1925, fu ivi battezzato il 19 dello stesso mese. Mons. Odino Spolaor incontra Papa Giovanni Paolo II Poco dopo la sua entrata in seminario la sua famiglia si trasferì a Chirignago, dove, appena tredicenne, gli morì il padre Carlo. "Un bambino della mia Parrocchia desidera con l'anno prossimo entrare in Seminario. La famiglia, ottima sotto ogni riguardo, accondiscende volentieri al desiderio del figliuolo. Il fanciullo ha compiuto lodevolmente le classi elementari e mi pare dimostri vera vocazione al Sacerdozio". Con queste parole don Angelo Carretta, allora Parroco di Trivignano, nel 1936 presentava a mons. Umberto Ravetta, Rettore del Seminario Patriarcale di Venezia, il piccolo Odino Spolaor. In Seminario compì gli studi ginnasiali e liceali prima, teologici poi, con serietà e con profitto. Era studioso e di buona pietà, senza apparire "secchione e stucchevole". Dovunque c'era da far "cagnara" o da orchestrare qualche birboneria lo si sarebbe sempre trovato presente. Ma erano, quelle, intemperanze frutto di vivacità ed allegria, che spesso facevano sorridere gli stessi Superiori. La stima dei Superiori e dei Professori non andò mai disgiunta alla simpatia dei compagni che in lui trovarono l'amico intelligente, aperto, senza finzioni, saggio, prudente, sensibile per i problemi, di gran cuore, di animo buono, volonteroso, spigliato, coraggioso, schietto, leale ed educato. Tra gli amici il suo nome era "Bobino": nome magico che serviva per vincere la sua resistenza quando sembrava non disposto a fare un piacere che gli si chiedeva, oppure serviva per far la pace dopo qualche contrasto e incomprensione. Fu ordinato presbitero dal Patriarca Adeodato Giovanni card. Piazza O.C.D. il 27 giugno 1948 e celebrò la prima messa il 29 giugno 1948. Inviato subito come cappellano a Treporti (con parroco don Albino Tenderini), tre anni dopo fu richiamato in Seminario per l'insegnamento ed avviato allo studio di Lettere all'Università di Padova. Ebbe pure per un anno l'incarico di Vice Rettore del Seminario, incarico che dovette lasciare, perché chiamato dal Patriarca Angelo Giuseppe card. Roncalli ad affiancare, in qualità di Vice Assistente provinciale delle A.C.L.I., mons. Alessio D'Este, alla cui morte, nel 1957, successe come Assistente sia provinciale che regionale. Nel 1961 fu nominato dal Patriarca Giovanni card. Urbani parroco di San Giuseppe di Mestre, in un rione popoloso da poco costituito, dove rimase dieci anni. Nel 1971 il Patriarca Albino card. Luciani (poi Servo di Dio Papa Giovanni Paolo I) lo nominò Canonico onorario del Capitolo di San Marco e Delegato diocesano per la pastorale del mondo del lavoro. Nel 1972, assieme a Suor Elisea Lazzari fondò la F.I.S.M. (Federazione Italiana Scuole Materne) di Venezia, della quale divenne primo Consulente Ecclesiastico. Successivamente ebbe altri incarichi, svolti contemporanemente e con competenza nei settori più vari della vita della Chiesa come: Responsabile dei Cappellani del lavoro; Assistente MARIPORT (Assistenza Marittimi); Delegato diocesano per la pastorale ospedaliera (1980); insegnante di Dottrina Sociale della Chiesa nello Studio Teologico del Seminario Patriarcale e nella Scuola di Teologia per le Religiose; Responsabile dell'Ufficio per le Comunicazioni Sociali (1983); Consulente A.P.I.Col.F. (Associazione Italiana Collaboratrici Familiari); Assistente del gruppo M.E.I.C. di Mestre (Movimento Ecclesiale Impegno Culturale); Assistente del gruppo U.C.I.I.M. di Mestre (Unione Cattolica Italiana Insegnanti Medi); Assistente Spirituale dell'Istituto Secolare "Unio Filiarum Dei". Quando il Patriarca di Venezia Marco card. Cè, rientrando da una visita in una fabbrica di Marghera, gli chiese timidamente la sua disponibilità per Caorle, ebbe da lui una reazione di gioia assolutamente inaspettata, come se gli avesse spalancata una finestra di luce. Fu nominato Arciprete della prestigiosa Caorle il 28 aprile 1984, dove andò volentieri, quasi ringiovanito e si mise al lavoro con tanto entusiasmo. Il giorno prima dell'ingresso, volle dal Patriarca l'ultima conferma che era il vescovo a mandarlo nel nome del Signore. Volle essere da lui benedetto in ginocchio con le parole "Come il Padre ha mandato me, così io mando voi". Il 23 giugno 1984, sabato pomeriggio, dopo una mattinata di lavoro a Mestre per portare a compimento i suoi impegni di carattere sociale: un boccone in fretta e poi via, di corsa, perchè era la vigilia del Corpus Domini e ci sarebbe stato da confessare. Alle 14.00 di quel pomeriggio assolato e caldo, pochi minuti di corsa e lo schianto contro un albero, forse a causa di un colpo di sonno. Morì in quel tragico incidente stradale, a soli due mesi dalla sua nomina, vittima del suo zelo e del senso del dovere. La madre Emma era morta pochi giorni prima. Fu Arciprete di Caorle soltanto per 55 giorni, sufficienti tuttavia a farlo entrare nel cuore di tutti. Pur non prestando servizio a Chirignago don Odino era spesso presente nel suo paese, tra la sua gente: in chiesa per le diverse celebrazioni e in asilo dove era un prezioso sostegno e riferimento spirituale per le suore. È per questo che il suo prezioso calice in argento dorato è conservato in sacrestia a Chirignago e viene usato per celebrare la Santa Messa nelle occasioni più solenni. Fu ottimo sacerdote, zelante e generoso, per 36 anni, spesi tutti per gli altri: in parrocchia, in Seminario, nella pastorale della scuola, della sanità, dell'assistenza sociale soprattutto del mondo del lavoro, nelle ACLI e nelle fabbriche. Un sacerdote di profonda vita interiore e culturalmente preparato, particolarmente sensibile ai problemi dei più bisognosi, aperto alle istanze del mondo moderno, sempre però nella fedeltà assoluta alla Chiesa e al Vescovo. Tutta la sua vita fu un dono del suo corpo e del suo sangue al Padre, per i fratelli, senza mai risparmiarsi; in ascolto di Gesù, che un giorno gli disse: "Seguimi!". Non visse per sé, ma per gli altri, per la fedeltà a Dio e per ascoltare la voce di Gesù. Bruciato dall'amore. La Santa Messa esequiale fu celebrata nella Cattedrale di Caorle dal Patriarca di Venezia Marco card. Cè. All'uscita dalla chiesa la salma fu accompagnata dal canto alla Madonnina del Mare, cantata dai suoi figli di Caorle a introdurlo in Paradiso. Ad un anno dalla morte la Chiesa Veneziana ne ricordò la cara figura con una pubblicazione dal titolo "Un prete dentro la storia: mons. Odino Spolaor", presentata a Villa Elena dal Vicario Generale mons. Giuseppe Visentin e dal Rettore del Seminario mons. Giuliano Bertoli. Un suo ritratto è nella cappella del SS.mo Crocifisso, nel graffito raffigurante la Moltiplicazione dei Pani e dei Pesci, opera di Giovanni Scaggiante. Il fratello Armando Spolaor, autore del libro di testimonianze "Gente di Chirignago" (1991, ristampato nel 2002), nato nel 1928, è cresciuto e tuttora vive a Chirignago. Da lungo tempo è attivamente impegnato in parrocchia, promotore e sostenitore, con grande generosità, di svariate iniziative.
Padre Guido Spolaor, presbitero diocesano, nato a Chirignago nel 1925, celebra la prima messa il 29 giugno 1949. Entrato poi nella Compagnia di Gesù, partiva per le missioni di quella Congregazione in America latina. Morì in Brasile a Rio Novo Do Sul (Paroquia de S. Antonio - Espirito Santo) nel 1990.
Padre Armando Manente C.S.Ch, della Congregazione delle Scuole di Carità dei Padri Cavanis di Venezia, nato a Villabona di Chirignago il 5 marzo 1924, entrò dodicenne nell'Istituto Cavanis di Possagno dove, nel 1943, emise la professione religiosa con i Voti di castità, povertà ed obbedienza. Fu ordinato presbitero dal Patriarca di Venezia Carlo Agostini il 1 luglio 1951, nella Basilica Santuario di Santa Maria della Salute, e celebrò la prima messa a Chirignago l'8 luglio dello stesso anno, con una festosa partecipazione di parenti, amici e di tutta la Comunità. Dedicò la sua vita al ministero di educatore Cavanis e spesso anche di Economo-Amministratore. Maestro elementare, Professore di Educazione Fisica, fu educatore di molte generazioni, apprezzato per il dono della semplicità. Esercitò il suo ministero sacerdotale e il suo servizio in particolare a Possagno (in più riprese), Chioggia, Roma, Porcari, Capezzano Pianore (Lucca) e Venezia. Provato nel fisico per oltre trent’anni da una malattia perfida e silenziosa che lo debilitò progressivamente, dal 1996 fu accudito, con amore, nella famiglia religiosa di Possagno, dove morì ad 84 anni, il 24 gennaio 2010, alle ore 20, assistito dai suoi confratelli. La Santa Messa esequiale, accompagnata dal Coro di voci bianche del Collegio, fu celebrata nel Tempio Canoviano di Possagno, il 27 gennaio 2010, presieduta dal Preposito Generale Padre Alvise Bellinato C.S.Ch. e concelebrata da 14 sacerdoti. La processione, con il feretro, partì dalla cappellina del Collegio Canova, dove riposano i resti del Venerabile Padre Basilio Martinelli C.S.Ch., e si diresse verso il tempio, accompagnata dai confratelli, che intonavano la preghiera liturgica per i defunti. Nel tempio gremito di docenti, ex alunni, studenti, parenti, amici e fedeli il Padre Provinciale Giuseppe Moni C.S.Ch. nella sua omelia tratteggiò la figura di Padre Armando, religioso umile, dotato di grande semplicità d'animo, come anche di capacità educativa e intuito pedagogico. Al termine della celebrazione il Padre Rettore della comunità di Possagno Giuseppe Francescon C.S.Ch., ringraziò tutti i partecipanti ed espresse la sua gratitudine verso il caro Padre Armando, per il suo esempio di vita religiosa e sacerdotale. La salma fu quindi traslata nel cimitero di Chirignago, dove riposa nella tomba di famiglia.
don Ivano Bellin, presbitero diocesano, nato a Chirignago il 6 settembre 1926. Fu battezzato e cresciuto nella fede a Chirignago. Dopo le scuole superiori lavorò nelle Ferrovie dello Stato. Si incamminò al sacerdozio dopo una battagliera militanza quale sindacalista dei ferrovieri. Entrato in seminario, fu ordinato presbitero il 29 giugno 1952 dal Patriarca Carlo Agostini. Dopo le prime esperienze come cappellano a Gambarare, Treporti e Dese, guidò in due distinti periodi la parrocchia di Castello di Lugugnana di Caorle, dal 1958 al 1963 e poi dal 1976 al 1982. Fu anche parroco a Campalto, dal 1963 al 1976, ed infine a Portegrandi, dal 1982 al 1994, dove è ricordato ancor oggi per il grande impegno e il forte impulso fornito alla creazione di momenti e luoghi di aggregazione ed incontro tra le persone. Un prete configurato a Cristo, Buon Pastore, nell'umiltà e mitezza della sua vita, nel compimento quotidiano del suo servizio di pastore d'anime, vicino alla gente, aperto sempre alla comprensione e alla compassione. Un prete esemplare e buono, passato attraverso stagioni pastoralmente difficili sempre molto amato dalla gente per il temperamento mite ed amabile. Un prete zelante, segnato presto dalla precarietà della salute, tale da indurlo a lasciare il ministero attivo prima del tempo canonicamente stabilito. Un prete fedele alla sua preghiera, alla celebrazione quotidiana dell'Eucarestia, al sacramento della Riconciliazione, finché le condizioni di salute glielo consentirono. Pur essendo ormai segnato dalla malattia e dall'infermità cercò sempre di unirsi con estrema attenzione alle celebrazioni eucaristiche. Morì nelle prime ore del 20 febbraio 2005, Domenica della Trasfigurazione, nel Centro Nazareth di Zelarino in cui risiedeva, infermo, da alcuni anni e dove ne ricordano con grande affetto le doti di bontà, tenacia e precisione. La Santa Messa esequiale fu celebrata a Chirignago per espresso volere di don Ivano, il 22 marzo 2005, dal Patriarca di Venezia Angelo card. Scola e dal Patriarca emerito Marco card. Cè. Riposa nel cimitero di Chirignago.
Padre Giancarlo Mialich O.F.M.Cap., cappuccino, nato a Chirignago il 5 maggio 1928, celebra la prima messa il 2 maggio del 1954. È stato missionario in Angola (Missao Catolica do Urige) per 44 anni. Morì a Portogruaro il 30 dicembre 2005.
don Giuseppe Soldà S.d.B., salesiano, nato a Chirignago il 24 gennaio 1930, figlio del sig. Luigi Soldà giardiniere della Villa Bisacco-Palazzi di Chirignago, emise la professione religiosa il 16 agosto 1948 ad Albarè (Verona). Compiuti gli studi presso il Pontificio Ateneo Salesiano, fu ordinato presbitero il 1 luglio 1958 nel Santuario Basilica di Santa Maria Ausiliatrice a Valdocco (Torino) per imposizione delle mani del vescovo mons. Michele Alberto Arduino S.d.B., assieme ad altri 32 diaconi provenienti da undici nazioni. Tra gli ordinandi, anche il futuro cardinale Raffaele Farina S.d.B., Bibliotecario della Biblioteca Apostolica Vaticana (già Prefetto), Archivista dell'Archivio Segreto Vaticano, già Rettore Magnifico della Università Pontificia Salesiana, Segretario del Pontificio Comitato di Scienze Storiche e sotto-segretario del Pontificio Consiglio della Cultura. Don Giuseppe celebra la prima messa a Chirignago il 13 luglio 1958. Prima insegnante e poi Preside dal 1964 al 2000, ha sempre ricoperto incarichi nell'ambiente formativo ed educativo degli Istituti salesiani. Opera ancora attivamente a Verona.
don Fabiano Scaggiante, presbitero diocesano, nato a Chirignago nel 1935, formatosi nell'Azione Cattolica di Chirignago, fu ordinato presbitero dal Patriarca Giovanni card. Urbani e celebrò la prima Santa Messa il 29 giugno 1959. Cappellano nelle parrocchie di Portegrandi, san Giovanni Battista di Jesolo, santo Stefano di Caorle e san Nicolò di Mira, nel 1968 fu nominato parroco a San Gaetano di Caorle e, nel 1983, trasferito alla parrocchia di San Giuseppe Lavoratore di Cortellazzo. Appassionato di canto sacro, diede vita a gruppi corali. Un'umanità forte, un cuore grande, una bruciante passione per la sua gente, i ragazzi e i giovani, l'impegno di essere del proprio tempo. Così egli stesso aveva descritto nel settimanale diocesano Gente Veneta la sua comunità parrocchiale pochi mesi prima di morire: "Non c'è dubbio che la nostra comunità di Cortellazzo abbia radici sane. La gente conserva semplicità, spontaneità, passione, vivacità. Vi è una gran voglia di lavorare e lavorare sodo. E ciò è onorevole. Ma in questo aspetto individuo un limite: il lavoro viene vissuto in maniera quasi ossessiva; viene prima di tutto, sopra ogni altra cosa, ad esso si sacrificano altri valori, altrettanto, se non più importanti, come i rapporti personali, con i figli, la famiglia. Vorrei anche sottolineare che questa grande fonte di forza e di energie non ha sempre saputo esprimere una propria capacità di progettare, autonomamente, il proprio futuro come realtà sociale. Ciascuno pensa troppo al "proprio", senza sapere o voler cogliere relazioni tra sé e gli altri, tra il "particolare" e il "bene generale", senza cioè esprimere quella solidarietà che scaturisce dalla consapevolezza di non essere soli ma di appartenere ad un gruppo, ad una realtà sociale, ad una comunità. Ciò influisce, conseguentemente, anche nella vita della nostra comunità cristiana". Morì il 1 aprile 1991, lunedì dell'Angelo, nel cuore del mistero della Risurrezione del Signore, dopo lunga malattia, giungendovi passando attraverso l'esperienza di una lunga, lucida sofferenza, portata sempre con forte dignità, ma non per questo con minore struggimento interiore. Circondato da attestati di amore e stima dei confratelli, sperò fino all'ultima sera di avere ancora un po' di vita da vivere, voglioso di ritornare nella sua amata comunità, per vedere i volti della sua gente. Chiese al Signore di guarire e nel 1990 andò a Lourdes. Per mesi e mesi il Patriarca di Venezia Marco card. Cè con le sue suore chiese la stessa cosa per intercessione del Servo di Dio Pietro card. La Fontaine. La sua vita fu un cammino con Dio, durante il quale Dio entrò sempre più come il Signore del suo essere. La sua morte, come quella di Gesù in croce, fu una morte sofferta. Visse e morì per la sua gente. La parrocchia era la sua vita. La Santa Messa esequiale fu celebrata nella chiesa di Cortellazzo dal Patriarca di Venezia Marco card. Cè.
don Gino Zuccon, presbitero diocesano, nato a Chirignago il 22 maggio 1936, è stato ordinato presbitero il 21 giugno 1964 dal Patriarca Giovanni card. Urbani. Celebra la prima Santa Messa il 28 giugno 1964. Cappellano nella parrocchia di Cristo Divin Operaio di Marghera, dal 1967 è parroco a Santa Margherita di Caorle.

 

Sono ben venti le ragazze di Chirignago che hanno abbracciato la vita religiosa durante il ministero di mons. Riccardo Bottacin. Sedici sono entrate nella Congregazione delle Figlie di San Giuseppe del Venerabile mons. Luigi Caburlotto di Venezia. Esse sono:

  • Suor Onorina Gomirato. Nata nel 1897, entrata nella Congregazione nel 1920, muore nel 1963.
  • Suor Camilla Spolaor (sorella gemella di Suor Agata). Nata nel 1899, entrata nella Congregazione nel 1919, muore nel 1948.
  • Suor Agata Spolaor (sorella gemella di Suor Camilla). Nata nel 1899, entrata nella Congregazione nel 1921, muore nel 1981.
  • Suor Clementina (Candida) Deppieri. Nata nel 1900, muore nel 1979.
  • Suor Antonietta Boschiero. Nata nel 1904, entrata nella Congregazione nel 1926, muore nel 1979.
  • Suor Rosanna Trevisanato. Nata nel 1907, entrata nella Congregazione nel 1926, missionaria in Brasile dal 1929, muore nel 1983.
  • Suor Marcella Rossato. Nata nel 1907, entrata nella Congregazione nel 1930, muore a Spinea nel 1999.
  • Suor Teresina Scaggiante, novizia delle suore Giuseppine muore a Chirignago, a 23 anni, il 13 giugno 1932. Era tornata nella sua casa dopo due anni di noviziato perchè colpita dalla tisi.
  • Suor Daniela Patron. Nata nel 1909, entrata nella Congregazione nel 1931, muore nel 2005.
  • Suor Ines Forte. Nata nel 1909, entrata nella Congregazione nel 1931, muore nel 2008.
  • Suor Doragostina Stevanato. Nata nel 1912, entrata nella Congregazione nel 1929, muore nel 2001.
  • Suor Battistina Bertoldi. Nata nel 1913, entrata nella Congregazione nel 1932, orante in Casa San Giuseppe a Spinea.
  • Suor Assuntina Gobbi. Nata nel 1915, entrata nella Congregazione nel 1932, muore nel 1998.
  • Suor Rachele Zornetta. Nata nel 1919, entrata nella Congregazione nel 1939, muore nel 2005.
  • Suor Rinalda (Norma) Rossato. Nata nel 1921, entrata nella Congregazione nel 1943, muore nel 2001 a San Paolo del Brasile.
  • Suor Alba (Teresa) Scaggiante. Nata nel 1935, terza di otto fratelli, a 17 anni, nel 1953, è entrata nella Casa delle Figlie di San Giuseppe a San Sebastiano a Venezia. Nel 1955 pronuncia i Voti cambiando il nome di Teresa in quello di Alba, in onore e ricordo della nonna materna. Dedica la sua vita al servizio ed alla preghiera, lavorando ininterrottamente come cuoca nella Casa di Accoglienza "Caburlotto" di Fondamenta Rizzi a Venezia fino al 2006, quando passa ad Orgnano di Spinea, nella Casa di Riposo "San Giuseppe" che accoglie le consorelle anziane a riposo. Qui muore il 4 dicembre 2009.

A queste vanno aggiunte altre quattro suore che fanno parte di altre Congregazioni:

  • Suor Veneranda Maddalena (Letizia) Trevisanato, francescana del Giglio. Nata nel 1911, muore nel 2001.
  • Suor Quirita Rigon, sorella della Misericordia della Beata Madre Vincenza Maria Poloni. Nata nel 1912, muore nel 2003.
  • Suor Maria Lidia (Clelia) Niero, delle Piccole Suore Missionarie della Carità di San Luigi Orione. Nata l'11 settembre 1922, entrata nella Congregazione nel 1942, appartenente alla Provincia "Mater Dei" (Italia), muore nella Casa Madre di Tortona il 5 marzo 2009, ad 86 anni e 64 di professione religiosa.
  • Suor Maria Aurelia Trevisanato, delle Ancelle Missionarie del SS. Sacramento. Nata nel 1930, entrata nella Congregazione nel 1948, opera in una casa di Ferrara.

In totale sono quindi 35 i giovani chirignaghesi che hanno abbracciato la vita religiosa durante i 44 anni di ministero a Chirignago di mons. Bottacin: 15 ragazzi e 20 ragazze.

Sono sette le suore responsabili dell'Asilo di Chirignago durante gli anni in cui è parroco mons. Bottacin. Appartengono tutte alla Congregazione delle Figlie di San Giuseppe del Venerabile mons. Luigi Caburlotto di Venezia, e sono state dirette collaboratrici del Bonsignor nell'educazione dei bambini, ma soprattutto in quella delle ragazze:

  • suor Flavia Caramore (1914-1919);
  • suor Ilaria Trevisan (1919-1925);
  • suor Faustina Morosini (1925-1928);
  • suor Bernardina Zennaro (1928-1934; 1940-1946);
  • suor Teofila Todesco (1934-1940; 1946-1952);
  • suor Geltrude Pancera (1952-1957);
  • suor Clara Paludetti (1957-1959).

Fu grazie a Mons. Bottacin che sorsero le parrocchie di Gesù Cristo Divino Operaio di Nazareth (Gesù Lavoratore) a Ca' Emiliani (1946), di Santa Maria Ausiliatrice della Gazzera (1946), di Santa Maria della Salute di Catene (1953), di San Pio X a Marghera (1956), di Santa Maria del Suffragio ad Asseggiano (1957), di Santa Barbara (1958) e l'oratorio della Madonna delle Grazie (poi Natività di Gesù Cristo) di Villabona.

A lui è stata intitolata una strada laterale di Via del Parroco, nel centro di Chirignago, e la grande sala adiacente alla nuova canonica, dov’è conservato un suo ritratto, opera di Giovanni Scaggiante. Nella sagrestia invece si trovano due sue grandi fotografie (foto1; foto2). Nel 1959, nel primo anniversario della morte, i parrocchiani posero sul suo sepolcro un grande busto in bronzo, a tutto tondo, che lo rappresenta in un abituale atteggiamento di raccoglimento e preghiera, opera del parrocchiano Giorgio Cagnin (realizzata con la tecnica antica della fusione "a cera persa" dalla fonderia di Gino Gobbi e con la collaborazione di Olindo Zambolin e Bruno Gomirato), ed scoprirono in chiesa una lapide commemorativa, posta davanti alla grotta della Beata Vergine di Lourdes, con busto bronzeo in altorilievo, opera dello scultore Remigio Barbaro da Burano (21.03.1911 - 19.01.2005). Il discorso ufficiale di commemorazione fu tenuto dal Prof. Eugenio Bacchion nel Cinema Teatro parrocchiale "Alessandro Manzoni".

Il 4 gennaio 2008, nel 50° anniversario della sua nascita in cielo, S.Ecc. mons. Andrea Bruno Mazzocato, vescovo di Treviso (dal 2009 Arcivescovo metropolita di Udine), ha officiato una solenne celebrazione eucaristica in memoria di mons. Bottacin, animata dal coro "Lorenzo Perosi", alla presenza di numerosi sacerdoti e dei parenti di monsignore. Al termine della Santa Messa è stata scoperta e benedetta una targa commemorativa in marmo, posta sulla parete dell'ex canonica in Piazza San Giorgio, con la seguente iscrizione (testo di mons. Antonio Niero, noto storico della Chiesa di Venezia): "In questo edificio, già casa dei parroci di Chirignago, mons. RICCARDO BOTTACIN, amato pastore del suo popolo, chiuse la vita in Cristo il 4.1.1958. La Parrocchia pose il 4.1.2008".
Viene pubblicato il libro di Gianni Montagni "El Bonsignor, storia di un prete di campagna e di un paese veneto nel Novecento", edito da Marcianum Press, e viene inaugurata la mostra in Sala "San Giorgio" “44 anni della nostra storia, 1914-58. Aspetti di vita religiosa e civile del nostro territorio quando è parroco di Chirignago mons. Riccardo Bottacin”.
L'11 ottobre 2008, nel XCIV anniversario dell'ingresso di mons. Bottacin come Arciprete di Chirignago (1914), il Maestro Domenico Severin, organista titolare della Cattedrale di Saint-Étienne de Meaux (Francia), ha tenuto un concerto d'organo. Il Maestro ha proposto una selezione dei 22 brani contenuti nel nuovo Compact Disc "La Musique d'Orgue Italienne" (Vol. 12 - CD Syrius SYR 141420) registrato nel mese di Aprile 2008 all'organo "Vincenzo Mascioni" (1911 Op.300) della chiesa di Chirignago. Musiche di: Filippo Capocci (1840-1911), Remigio Renzi (1857-1930), Oreste Ravanello (1871-1938), Lorenzo Perosi (1872-1956), Ottorino Respighi (1879-1936), César Franck (1822-1890), Théodore Dubois (1837-1924), Costante Adolfo Bossi (1876-1953), Marco Enrico Bossi (1861-1925) e Charles-Marie Widor (1844-1937). La nuova incisione discografica è stata presentata in anteprima mondiale con la partecipazione straordinaria del Maestro Arturo Sacchetti, autore del testo contenuto nel libretto che correda il CD. Il concerto ha quindi concluso l’anno dedicato alla memoria di mons. Bottacin, a mezzo secolo dalla scomparsa.

 

Epitafio scolpito sulla tomba di mons. Riccardo Bottacin (testo di mons. Antonio Niero):

QUI
TRA I SUOI FIGLI TANTO AMATI
RIPOSA NELLA PACE DEI GIUSTI
IN ATTESA DELLA FINALE RESURREZIONE
MONSIGNOR RICCARDO BOTTACIN
ARCIPRETE DI CHIRIGNAGO
MODELLO DI VIRTÙ SACERDOTALI
ESEMPIO DI SACRIFICIO PER LE ANIME
A 4.1.1876 - Ω 4.1.1958

 

Testo di mons. Antonio Niero (1924-2010) scolpito sulla lapide commemorativa posta in chiesa:

A Ω

A PERENNE RICORDO
DI
MONSIGNOR RICCARDO BOTTACIN
PER 44 ANNI ARCIPRETE DI CHIRIGNAGO
DOVE
CONFORTATORE DI POVERI E DI AFFLITTI
EDUCATORE DI ANIME
PROFUSE RICCHEZZE DI BONTÀ E DI SOSTANZE
FATTO A TUTTI E IN TUTTO ESEMPIO E MODELLO
DI GESÙ DIVINO PASTORE
I PARROCCHIANI RICONOSCENTI
P
1959

 

Clic sulle immagini per ingrandire


Il padre Alessandro Bottacin
(28/10/1849 - 13/12/1932)
sindaco di Salzano per due volte


La madre Adele De Momi
(10/10/1855 - 18/12/1931)

Don Alessandro Bottacin, prozio paterno di mons. Riccardo, parroco di Villorba fino al 1907

Sotto le foto dei nonni paterni, Paolo Bottacin e Giuditta Cuogo, due prozii (tra cui don Alessandro), il padre Alessandro e nove zii di mons. Riccardo


Fotoritratto di mons. Riccardo Bottacin arciprete di Chirignago

La tazza usata da mons. Bottacin per bere il latte, conservata dai familiari come una reliquia

Mattone della Reverenda Fabbrica di San Pietro, ricordo di un pellegrinaggio parrocchiale a Roma nell'Anno Santo 1925

Leggio in legno dorato utilizzato da mons. Bottacin per celebrare la Santa Messa nelle grandi solennità

Calice in argento dorato (1911) di mons. Giovanni Battista Buso, utilizzato da mons. Bottacin per celebrare la Santa Messa nelle grandi solennità

Ricca pianeta in broccato d'oro della seconda metà del XVII secolo, indossata da mons. Bottacin nelle grandi solennità, fornita di stola, manipolo e borsa

Calice in argento dorato di mons. Bottacin, probabilmente donato dalle "figlie" di Lancenigo alla sua partenza nel 1914 (iniziali Dn. R. B. sul piedistallo)


1922 - Il Coro di Chirignago diretto dal M° Sante Zanon (in centro) - con don Riccardo (a dx) e il cappellano don Romano Lazzarato (a sx) (?)

L'Azione Cattolica con il Servo di Dio Pietro card. La Fontaine, Patriarca di Venezia dal 1915 al 1935, in Visita Pastorale (1929). Accanto al Patriarca (a sinistra)
don Riccardo Bottacin


1928
Don Riccardo Bottacin visita un suo parrocchiano in montagna


1922 - don Riccardo Bottacin
assieme al Maestro del Coro di Chirignago Sante Zanon


Don Riccardo Bottacin con il Servo di Dio Pietro card. La Fontaine, Patriarca in Visita Pastorale (16.11.1929)


Pergamena dono dei seminaristi di Chirignago per la nomina a Canonico Onorario della Basilica di San Marco (6 dicembre 1933)




1936 - Il volto di mons. Bottacin tra i parenti ed amici degli sposi, all'uscita della chiesa


1939 - esce dalla canonica
nel XXV di parrocato
con mons. Manzoni, (a dx),
don Ermenegildo Fusaro (a sx),
don Antonio Saccardo (dietro) e
don Bruno Berton (dietro)


1939 - mons. Riccardo Bottacin nel XXV di parrocato con mons. Ettore Secondo Manzoni arciprete di Mestre (a sx) e don Antonio Saccardo (a dx)

Con il cappellano
don Ermenegildo Fusaro e gli uomini di AC (primi anni '40)

Mons. Bottacin sui gradini della chiesa con una coppia di sposi
(19 Settembre 1945)

Mons. Bottacin con una coppia di sposi novelli
(29 Settembre 1951)


Mons. Bottacin in via Miranese, davanti alla Villa Cosulich,
al corteo funebre di un giovane parrocchiano (settembre 1950)


Mons. Bottacin in cimitero al funerale di un giovane parrocchiano davanti alla croce dell'Anno Santo 1933-34 (1950)



Mons. Bottacin sul sagrato della chiesa - corteo funebre
(settembre 1950)


Mons. Bottacin accompagna il novello sacerdote padre Armando Manente C.S.Ch. in processione per la prima Messa
Piazza S.Giorgio - 1 luglio 1951


Gennaio 1953
matrimonio celebrato
da mons. Bottacin


In sacrestia con coppia
di sposi e testimoni
1957



Mons. Bottacin accompagna il novello sacerdote, il padre cappuccino Giancarlo Mialich, dopo la celebrazione della prima Messa il 2 maggio 1954


2 maggio 1954 - Pranzo per festeggiare l'ordinazione sacerdotale di Padre Giancarlo Mialich, missionario in Angola (al centro). A capo tavola mons. Bottacin con accanto il cappellano don Primo Zanardi



Gli uomini di Azione Cattolica con mons. Bottacin davanti alla sala monumentale "Ai Nostri Caduti" di via del Parroco
(1954)


Mons. Bottacin all'inaugurazione del capitello di via Ivancich

Mons. Bottacin benedice il capitello di via Ivancich (1955)

Mons. Bottacin in preghiera al capitello di via Ivancich (1955)


1956 - Mons. Bottacin (centro)
con i cappellani don Primo Zanardi (a sinistra) e don Giovanni Sari (a destra).
Seduti dietro i fratelli Attilio e Paolino con la moglie


Mons. Bottacin celebra la Santa Messa solenne con
a don Giovanni Sari (in primo piano) e a don Primo Zanardi

Mons. Bottacin (al centro), don Primo Zanardi (a sinistra), don Giovanni Sari (a destra davanti) e don Romeo Carniato (a dx). Dietro, i fratelli e i parenti

1955 - Corteo funebre per il rientro a Chirignago della salma di un marinaio morto a Bengasi (Libia) nel 1942

Mons. Bottacin in preghiera davanti alla statua della Madonna della Salute della chiesa di Catene


Corteo funebre lungo
la via Miranese negli anni Cinquanta

Mons. Bottacin davanti alla vecchia canonica con gli Uomini di Azione Cattolica per la festa della bandiera 1957

L'ultima Messa celebrata da mons. Bottacin nel Natale 1957


L'ultima Messa celebrata da mons. Bottacin nel Natale 1957


L'epigrafe di
mons. Riccardo Bottacin


In memoria
Pie Jesu Domine,
dona Ei requiem


I funerali celebrati dal Patriarca Roncalli il 7 gennaio 1958
(foto tratta da el campanon)

Busto di mons. Bottacin, opera del 1959 di Remigio Barbaro da Burano

La lapide commemorativa posta in chiesa accanto all'ingresso della sacrestia



Il sarcofago dei parroci mons. Buso e mons. Bottacin in un acquerello del 1914


Il grande busto in bronzo posto sopra la tomba di mons. Bottacin, opera di Giorgio Cagnin del 1959



Giorgio Cagnin accanto alla tomba di mons. Bottacin

Il sarcofago dei parroci
mons. Buso
e mons. Bottacin
in una foto del 1959
(primo anniversario della morte)

Mons. Riccardo Bottacin e
mons. Odino Spolaor ritratti da
Giovanni Scaggiante


Ritratto di mons. Bottacin,
opera di Giovanni Scaggiante
(sala mons. Bottacin)




La targa commemorativa posta
sulla parete dell'ex-canonica
in Piazza San Giorgio

 

Le celebrazioni nel primo anniversario della morte (1959)
Santa Messa celebrata dal nuovo arciprete don Albino Tenderini, scoprimento della lapide commemorativa con busto in chiesa, processione alla tomba e discorso di commemorazione tenuto dal prof. Eugenio Bacchion, presso il cinema-teatro "Alessandro Manzoni"






Le bambine dell'asilo con la mantellina


Mons. Ermenegildo Fusaro legge i telegrammi







 

4 Gennaio 2008 - Santa Messa nel 50° anniversario della morte di mons. Riccardo Bottacin
presieduta da S.Ecc. mons. Andrea Bruno Mazzocato, vescovo di Treviso (dal 2009 arcivescovo metropolita di Udine) e benedizione della targa posta sulla ex-canonica in Piazza San Giorgio

(un ringraziamento particolare a Omar Fardin di Photo Project - Chirignago)

 

Mostra “44 anni della nostra storia: 1914-1958. Aspetti di vita religiosa e civile del nostro territorio quando è parroco mons. Riccardo Bottacin” - Settembre 2008

 

Leggi anche il ricordo di alcuni suoi parrocchiani

Leggi anche il ricordo di mons. Odino Spolaor