ORDO VIRGINUM

 

"Seguono l'Agnello ovunque vada" (Ap. 14,4)

L’Ordo Virginum del Patriarcato di Venezia è stato costituito il 7 dicembre 2009, vigilia della Solennità dell’Immacolata Concezione della Beata Vergine Maria, nella Basilica di San Marco Evangelista, con un rito ricco, antichissimo, suggestivo e solenne presieduto dal Patriarca Angelo card. Scola, alla presenza del vescovo ausiliare Beniamino mons. Pizziol (dal 2011 vescovo di Vicenza), dei Vicari Episcopali, dei Delegati Patriarcali, del Capitolo Cattedrale Metropolitano, dei presbiteri e diaconi, dei ministri istituiti e straordinari, dei religiosi e delle religiose e dei cristiani che da tutta la diocesi sono convenuti «numerosi per ringraziare Dio di questo dono prezioso per la Chiesa e per il mondo».
Silvia Marchiori, della parrocchia di Santa Barbara di Mestre, Nella Pavanetto, della parrocchia di San Michele Arcangelo di Quarto D'Altino e Katia Vanin, della parrocchia di San Giorgio di Chirignago hanno consacrato personalmente e pubblicamente tutta la loro vita a Dio, unendosi "in mistiche nozze a Cristo" per dedicarsi al servizio della Chiesa. Le tre donne hanno espresso davanti alla Chiesa la loro volontà di vivere il Battesimo perseverando "nel proposito della santa verginità al servizio del Signore e della Chiesa" fino al termine della loro vita, mettendolo nelle mani del vescovo che raccoglie, benedice e custodisce quest’intenzione; di "seguire Cristo come propone il Vangelo", perché la loro vita "sia una particolare testimonianza di carità e segno visibile del regno futuro"; di "essere consacrate con solenne rito nuziale a Cristo". Ma rimangono nel mondo, condividendo con tutti gli altri laici, uomini e donne, l’ordinarietà della vita ed anche le stesse difficoltà, ad esempio nel lavoro. Sentono, infatti, la vocazione ad amare il Signore vivendo in mezzo a tutti gli altri, senza qualcosa che necessariamente le distingua.
Il Patriarcato si è quindi arricchito di una nuova presenza, di un nuovo stato di vita: l'Ordo Virginum, la verginità vissuta da donne che rimangono laiche, inserite nel mondo, a servizio in particolare della Chiesa veneziana. La scelta della verginità per dedicarsi totalmente alla costruzione del Regno di Dio.
Vivere nel mondo: significa non portare vesti particolari, ma vestirsi - con dignità - come tutte le altre donne. Vuol dire avere un proprio lavoro, con il quale mantenersi. L'abitazione di ciascuna, poi, è in mezzo a quelle degli altri uomini e donne delle nostre città. A distinguerle da loro c'è la scelta - suggellata dal rito - di mantenere la verginità, perché se c'è uno sposo nella loro esistenza quello è Gesù Cristo. Hanno scelto di vivere completamente donate al Signore, allargando i confini di questo amore ai fratelli; e di affidare questo proposito nelle mani del vescovo, mettendosi in particolare a servizio della Chiesa locale.
Non sono suore: non sono entrate in un ordine religioso, non indossano un abito, vesti particolari o veli, non vivono (necessariamente) insieme facendo vita in comune come le religiose, non si ritirano dalla vita laicale, non si separano dal mondo. Non sono neanche “laiche consacrate” come le abbiamo conosciute fino ad oggi, appartenenti a istituti secolari: non appartengono ad un istituto con un suo specifico carisma e non hanno altri superiori se non direttamente il Patriarca o un suo delegato e lavorano in particolare a servizio della Diocesi di Venezia. Sono laiche, al lavoro nel mondo con le loro competenze e capacità, appassionate alla realtà che le circonda, a contatto con la varia umanità con cui entreranno a contatto. Portano un anello perché hanno uno sposo: Gesù Cristo, che hanno scoperto al centro della loro vita, capace di dare un senso pieno alla loro esistenza.
Si potrebbe dire, naturalmente semplificando, che nel quarto secolo le vergini consacrate, così come erano conosciute fino a quel tempo dalla Chiesa, sono entrate in monastero e sono diventate monache: la verginità scelta per la vita è entrata nell'orbita della vita claustrale. Ma è nel mondo che questo stato di vita era nato, se si vanno a ricercare le tracce negli scritti dei primi secoli (tra cui At 21,9 e 1Cor 7,25-38); ed è nel mondo che le donne che scelgono la verginità per il Regno di Dio possono tornare a vivere dopo che il Concilio Vaticano II (SC 80), prendendo atto di alcuni esperimenti in tal senso, ha riaperto la possibilità nelle diocesi di istituire un Ordo Virginum.
L’Ordo Virginum è quindi «una forma di vita consacrata riconosciuta dalla Chiesa», di origini antichissime e riattivata a partire dal Concilio Ecumenico Vaticano II. «Non è una congregazione, un ordine religioso o monastico, né un Istituto secolare», ha spiegato il Patriarca. «È una forma di consacrazione per donne che sono chiamate, per puro dono di Dio, a vivere la verginità nel mondo accanto agli altri fedeli. Sono donne consacrate che fanno riferimento al Vescovo. Esse scelgono di vivere un rapporto nuziale con Cristo, con particolare attenzione al Suo corpo che è la Chiesa, in special modo alla Diocesi».
La storia. È una «forma di consacrazione assai antica, secondo taluni già attestata in Atti 21,9». San Paolo a Cesarea è ospite di “Filippo l’Evangelista, che era uno dei Sette” (istituiti dai Dodici per il servizio delle mense: i protodiaconi): “Egli aveva quattro figlie nubili, che avevano il dono della profezia”. Dopo molti secoli è stato il Concilio Vaticano II a rivalutare questa forma di vita: se ne parla al n. 80 della Costituzione sulla Sacra Liturgia Sacrosanctum Concilium (“Si sottoponga a revisione il rito della consacrazione delle vergini, che si trova nel pontificale romano”). Il rito pubblico di solenne consacrazione è stato emanato da Papa Paolo VI nel 1970; nel 1980 la Conferenza Episcopale Italiana ha predisposto la versione in lingua corrente. Il Codice di Diritto Canonico dedica all’Ordo Virginum il canone 604, che recita: “A queste forme di vita consacrata, (istituti di vita consacrata, vita eremitica…) è assimilato l’ordine delle vergini le quali, emettendo il santo proposito di seguire Cristo più da vicino, dal Vescovo diocesano sono consacrate a Dio secondo il rito liturgico approvato e, unite in mistiche nozze a Cristo Figlio di Dio, si dedicano al servizio della Chiesa”.
L’Ordo Virginum nel mondo. Pare che le appartenenti all’Ordo Virginum nel mondo siano un migliaio, distribuite soprattutto in Francia, Belgio, Usa, Messico e paesi mediorientali come Giordania e Iraq. In Italia non ci sono numeri precisi: a partire dalla diocesi di Vicenza (dal 1972) l’Ordo Virginum si è diffuso a macchia di leopardo sia al Nord che al Centro-Sud. Ad un recente incontro nazionale hanno partecipato tra le 150 e le 200 persone.
Il proposito di seguire Cristo. «Non si tratta di un ulteriore ordine religioso – e nemmeno di un istituto secolare – ma dell’espressione pura e semplice di un “proposito” (la scelta della verginità, al fine di seguire Cristo più da vicino) manifestato – e accolto da parte della comunità e di chi la rappresenta – da donne credenti che permangono nello stato laicale e non sono tenute a obblighi di vita comunitaria con l’adesione a una particolare “regola”, ma unicamente alla “sequela Christi”», scrive Alessandra Deoriti in “Il Regno” (n.18/2009).Don Paolo Bellio, Delegato patriarcale per l'Ordo Virginum «Il dono e l’impegno della verginità perpetua, nella suggestiva cornice simbolica delle nozze con il Cristo sposo, qualificano dunque la vocazione di queste donne come una “via” di discepolato personale che va letta precipuamente nel contesto della comune vita cristiana, della comune chiamata alla santità che è di tutti i battezzati, della varietà e abbondanza dei carismi che fioriscono in ogni comunità ecclesiale». La «ricerca di una santità nascosta e inosservata nella ferialità di una vita ordinaria, in tutto simile a quella di tanti altri fratelli e sorelle, rinvia a una spiritualità dell’incarnazione che, al di là degli aspetti ascetici, si esprime in un preciso, esplicito, pubblico legame con la Chiesa locale».
Spiega don Paolo Bellio, Delegato patriarcale per l’Ordo Virginum, che sono quattro le caratteristiche di questa “categoria” di persone (è il significato di “ordo”):

  • La laicità: le vergini consacrate conservano la loro condizione di laiche nel mondo e operano in esso per “illuminare e ordinare le cose temporali… affinché sempre si realizzino e prosperino secondo Cristo, e crescano e siano lode al Creatore Redentore” (Lumen Gentium 31). In ogni ambiente testimoniano con la loro esistenza e annunciano con la Parola il messaggio di salvezza; contemporaneamente offrono la loro collaborazione alla missione della Chiesa locale.
  • La consacrazione, che impegna le vergini consacrate a sviluppare la grazia battesimale. Con questa donazione incondizionata a Dio, esse esprimono la volontà di tendere alla carità perfetta e di conformare tutto il loro operare allo spirito del Vangelo.
  • La diocesanità: è il vescovo diocesano che ammetta alla consacrazione e presiede il rito; è inoltre per la vergine consacrata “pastore e padre”. Da parte sua la vergine consacrata realizza nella Chiesa un segno particolare visibile della comunione con il Vescovo.
  • La femminilità. “Le risorse personali della femminilità non sono certamente minori delle risorse della mascolinità, ma sono solamente diverse. La donna, dunque, deve intendere la sua realizzazione come persona, la sua dignità e vocazione sulla base di queste risorse, secondo la ricchezza della femminilità che ella ricevette nel giorno della creazione e che eredita come espressione a lei peculiare dell’immagine e somiglianza di Dio” (Mulieris Dignitatem n. 10). Le vergini consacrate, guardando a Maria, cercano di coniugare in loro stesse la scelta della castità perfetta per l’amore di Cristo e il dono della femminilità a favore della Chiesa.

Per entrare nell’Ordo Virginum le candidate esprimono il proposito di seguire Cristo secondo i tre consigli evangelici:

  • la verginità, un dono con il quale la persona è chiamata ad offrirsi a Dio “con cuore indiviso” (Lumen Gentium 42) e in santità di spirito e corpo, per essere nel mondo annuncio del Regno di Dio già presente in mezzo a noi e segno profetico dei beni futuri (Lumen Gentium 44);
  • la povertà, condizione di vita con la quale il cristiano accetta la provvisorietà e il distacco dai beni di questo mondo, per mettersi alla sequela di Cristo (nell’amministrazione dei propri beni le vergini consacrate si atterranno alle indicazioni e agli indirizzi del Patriarca);
  • l’obbedienza, attraverso la quale ogni consacrata cerca di uniformare continuamente la propria vita alla volontà salvifica di Dio, obbligandosi a seguire la volontà di Dio manifestata attraverso il Patriarca, sottoponendo a lui le decisioni più importanti.

La loro regola di vita prevede, inoltre, che preghino assiduamente con la Liturgia delle Ore (Lodi – Vespro – Compieta) e che partecipino quotidianamente al sacrificio eucaristico; che riservino ogni giorno un adeguato tempo per la meditazione su testi biblici o sul magistero del Papa e del Patriarca; che partecipino a tre ritiri spirituali e a un corso di esercizi spirituali ogni anno.
Le vergini consacrate provvedono al proprio mantenimento con i proventi del lavoro e con i propri beni personali. Possono vivere da sole, in famiglia o insieme ad altre vergini consacrate.Don Raffaele Muresu, cerimoniere patriarcale
Il rito. Il rito di consacrazione è molto ricco, “tra i più preziosi della liturgia romana”; si consiglia di celebrarlo in Cattedrale, in giorno festivo, con grande concorso di popolo. «Queste donne – spiega don Raffaele Muresu, cerimoniere patriarcale – offrono un dono ricevuto da Dio, la loro verginità, perché diventi segno visibile dell'amore della Chiesa a Cristo e di Cristo alla Chiesa. Non è una loro decisione, ma è una vocazione: Dio le ha chiamate e le ha formate perché possano rispondere a questa chiamata. Le vuole più intimamente unite a sé: è il significato della consacrazione, diventare cioè qualcosa che appartiene a Dio».
Molte sono le analogie con il rito dell'ordinazione presbiterale. Subito dopo la lettura del Vangelo sono chiamate a presentarsi, rispondendo con il loro "Eccomi", per sottolineare che il proposito che hanno nel cuore non viene da loro ma da Dio. Dopo l'omelia, come i candidati al presbiterato, sono interrogate sulle loro intenzioni; e viene compiuto il gesto della prostrazione durante il canto delle Litanie dei Santi: «Di fronte alla chiamata di Dio – spiega don Muresu – nasce un atteggiamento di totale abbandono nelle sue mani». Nelle mani del vescovo viene quindi rinnovato il proposito di castità: «Un dono che già possiedono – spiega il cerimoniere – Dio le ha infatti custodite nella verginità in vista di questo segno che rappresentano nella Chiesa».
Segue la lunga, antichissima ed intensa preghiera consacratoria, risalente al IV secolo, che rivolgendosi a Dio tra l'altro recita: “...mentre rimaneva intatto il valore e l’onore delle nozze, santificate all’inizio dalla tua benedizione, secondo il tuo provvidenziale disegno, dovevano sorgere donne vergini che, pur rinunziando al matrimonio, aspirassero a possederne nell’intimo la realtà del mistero. Così tu le chiami a realizzare, al di là dell’unione coniugale, il vincolo sponsale con Cristo di cui le nozze sono immagine e segno”; e conclude: “In te, Signore, possiedano tutto, poiché hanno scelto te solo al di sopra di tutto”.
Anello e libri di preghiera. Si conclude con i riti esplicativi che suggellano e rendono evidente il proposito delle vergini consacrate: viene consegnato loro un anello, simbolo “delle mistiche nozze con Cristo”, segno esteriore di questo loro stato; e viene messa nelle loro mani la Liturgia delle Ore, con l'invito “La preghiera delle Chiesa risuoni senza interruzione nel vostro cuore e sulle vostre labbra come lode perenne al Padre e viva intercessione per la salvezza del mondo”, visto che sono persone consacrate chiamate a pregare con la Chiesa e a nome della Chiesa.
«Come si vede dal rito – conclude don Raffaele Muresu – c’è una gran ricchezza di segni e significati che viene riscoperta e valorizzata: in un periodo storico in cui la verginità è irrisa, perché sembra una mancanza invece che essere compresa nel valore di dono totale di sé che essa rappresenta. Queste donne ci insegnano che è possibile vivere questo dono ed è possibile che questo dono riempia talmente di gioia la vita da poter diventare definitivo».

 

 

SOLO SAPERSI AMATI INCONDIZIONATAMENTE COMPIE IL DESIDERIO DEL CUORE DELL'UOMO

Carissima Silvia, Nella, Katia,

1. La liturgia dell’odierna Solennità dell’Immacolata Concezione della Beata Vergine Maria è piena di provvidenziali richiami al dono prezioso che, all’interno di questa celebrazione, la nostra Chiesa veneziana riceverà, per grazia di Dio, attraverso la libera adesione delle vostre persone.
Dopo anni di preparazione, state per essere accolte, per le mani del Patriarca, nell’Ordo Virginum che, a partire dal Concilio Vaticano II (cfr. Sacrosanctum Concilium 80), la Santa Chiesa ha rimesso in vigore recuperando una antichissima tradizione le cui radici potrebbero affondare nel Libro degli Atti degli Apostoli (At 21, 9) e nella Prima Lettera di San Paolo ai Corinzi (1Cor 7, 25-38).
Voi, con questo solenne rito, consacrate personalmente e pubblicamente tutta la Vostra vita a Dio, unendovi in mistiche nozze a Cristo per dedicarvi al servizio della Chiesa (cfr CIC 604, 1).
La figura della donna nella Storia della salvezza è decisiva fin dall’inizio, come emerge a tinte forti dalla Prima Lettura di oggi: alla pesante responsabilità di Eva che si lascia sedurre dall’Ingannatore fa da contrappeso la decisa responsabilità di quella «donna che» al serpente «schiaccerà la testa» (cfr. Gn 3,15). Osserva acutamente il grande apologista del II secolo Giustino: «Il laccio della schiavitù che Eva con la sua incredulità aveva annodato lo sciolse la vergine Maria con la sua fede».
Eva, madre dei viventi, è riscattata in Maria, madre dei credenti. Ogni donna trova in Maria la sua autentica fisionomia, quella di essere sorgente dell’amore oggettivo ed effettivo.
Ad imitazione della Vergine, preservata in vista dei meriti di Cristo da ogni macchia di peccato, la vostra singolare vocazione di consacrate nel mondo indica una chiara missione: esaltare la dignità della donna testimoniando, nella vita del secolo in cui resterete immerse, il senso pieno dell’amore che ricevete da Cristo Gesù per donarlo al nostro “fratello uomo”.
Per questo il Rito di consacrazione delle vergini connota la vostra scelta verginale parlando di nozze. Al di là dell’umana fragilità, le vostre nozze mistiche ripropongono quelle dell’Agnello che, offrendo tutto se stesso sulla croce, ha generato la Chiesa sua Sposa. E Maria è la Chiesa Immacolata, come canta il Prefazio: «In Maria hai segnato l’inizio della Chiesa, sposa di Cristo senza macchia e senza ruga, splendente di bellezza».
Carissimi, oggi la misericordia del Padre chiama Silvia, Nella e Katia a condividere, nelle loro persone, questa nuzialità verginale. È un segno potente per tutti. Mi preme sottolineare però che va accolto in maniera speciale dagli sposi della nostra Chiesa. Questo, infatti, ascolteremo nel Rito di consacrazione: “Tu le chiami a realizzare, al di là dell’unione coniugale, il vincolo sponsale con Cristo di cui le nozze sono immagine e segno” (dal Rito di consacrazione delle vergini).
Si instaura così, nella comunione concretamente vissuta della nostra Chiesa particolare, una preziosa circolarità tra gli stati di vita. L’amore degli sposi cristiani aiuta a comprendere l’amore verginale e, a sua volta, quest’ultimo spiega il significato profondo del matrimonio cristiano. Amare è sempre in ogni caso possedere nel distacco, cioè possedere in Cristo. Fare spazio a Cristo in ogni rapporto per il vero bene di colui che si ama e di colui che ama.

2. La Vergine è Immacolata in vista della maternità del Figlio di Dio incarnato. È vergine perché madre.
Questo significa che, attraverso la loro consacrazione Silvia, Nella e Katia, partecipano anche alla maternità della Vergine.
L’Ordo Virginum a cui fra poco apparterranno, indica con chiarezza che questa loro maternità spirituale si identifica con l’umile ed obbediente assunzione della maternità della Chiesa. E della Chiesa in cui la loro singolare vocazione è sbocciata per grazia e da cui è accolta nelle mani del Vescovo.
Silvia, Nella e Katia sono allora chiamate a rendere presente questa maternità. In che modo? Come fa ogni madre, che insegna al figlio la dimensione essenziale del dono. Non c’è relazione buona senza dono. Per la loro vocazione di consacrate nel mondo Silvia, Nella e Katia saranno testimoni della vita come dono in ogni ambiente dell’umana esistenza. La loro scelta avrà allora un’incidenza speciale sul loro lavoro. Per delle laiche consacrate nel mondo, il lavoro secondo la logica del dono diventa offerta. E l’offerta è riconoscere che Cristo è la sorgente di ogni azione dell’uomo e, attraverso questa azione, chiede di essere manifestato come cuore del mondo.

3. «In lui ci ha scelti prima della creazione del mondo per essere santi e immacolati di fronte a lui nella carità» (Ef 1,4). Quindi, con Maria, Immacolata in senso pieno e totale, anche noi siamo scelti in Cristo per essere santi ed immacolati.
L’Immacolata è tale non per i suoi meriti ma per l’amore gratuito del Redentore. Così per le nostre sorelle e per ciascuno di noi, la vocazione non è un merito, né l’esito di un progetto, è un dono, pura grazia. Quando l’angelo Gabriele giunge a Nazaret in casa di Maria, invece di chiamarla per nome le dice «Rallegrati piena di grazia» (Lc 1,28): “Sii felice – annuncia l’Angelo a Maria – perché tu sei amata profondamente, gratuitamente, per sempre”. Tu sei colmata di grazia, sei l’oggetto d’un amore personale, di un dono speciale. E, grazie a Lei, questo annuncio raggiunge questa sera ciascuno di noi.
Alla gratuità del dono di Dio, Maria risponde con il sì della fede. L’evangelista Luca, riportando nei dettagli il dialogo serrato tra questa giovanissima donna e l’Angelo, fa emergere nettamente che non si tratta di un sì a buon mercato, detto per incoscienza o per sprovvedutezza giovanile, ma di un sì “sofferto”, pienamente consapevole e, proprio per questo, totale, senza riserve. Così sia per voi, carissime Silvia, Nella e Katia. Un sì per sempre, cioè umilmente deciso ad imitare l’amore irrevocabile con cui Dio ama l’uomo. Amore non è amore – non ci stanchiamo di ripetere – senza la dimensione del per sempre e senza l’apertura alla fecondità.
Qui si situa il valore della verginità nei suoi tre consigli: povertà, castità, obbedienza. Il
Fiat di Maria li contiene tutti e tre. Vi invito, pertanto, ad affidare alla Vergine ogni sera la Vostra scelta verginale.

4. La Seconda Lettura ripete con insistenza il tema della benedizione (una volontà di bene), in evidente contrapposizione con la maledizione (una volontà di male) fatta da Dio al serpente dopo il peccato dell’origine (cfr. Prima Lettura). «Benedetto sia Dio» afferma la Lettera agli Efesini «che ci ha benedetto con ogni benedizione» (Ef 1,3) «… predestinandoci a essere per lui figli adottivi mediante Gesù Cristo» (Ef 1,5). Dio è Padre e sovrabbonda di una volontà di bene per noi inconcepibile. «In lui siamo stati fatti anche eredi, predestinati … a essere lode della sua gloria» (Ef 1,6). Non si arrende neppure di fronte alla durezza del nostro cuore che può arrivare fino all’autolesionismo.
Si manifesta qui lo scopo della vocazione cristiana: la Sua gloria e la nostra gioia. Infatti solo sapersi oggetto di un amore incondizionato compie il desiderio del cuore dell’uomo.
La Sua gloria non la nostra: ricordatevelo bene! E la Sua gloria può comportare, come Egli ci ha detto, incomprensioni e derisione, critiche, umiliazioni e prove dolorose, che tuttavia non potranno togliervi la gioia.
Questa gioia, carissime, è in voi questa sera e per mezzo vostro è in tutti noi a cominciare dai vostri familiari, dalle comunità parrocchiali, dall’Azione Cattolica e da quanti accompagnano il vostro cammino e che continueranno a trarre giovamento dalla vostra azione di apostolato. È la gioia del Patriarca, di tutto il presbiterio, che vi accolgono nella famiglia delle consacrate e dei consacrati. È di tutti i fedeli che, come constato nella Visita Pastorale, hanno fame e sete di pienezza di vita cristiana. Questa gioia è quindi di tutta la Chiesa diocesana che persisterete a servire con cuore indiviso e con ancor più intensa dedizione. Ma questa gioia è una possibilità per tutti gli uomini e le donne del Patriarcato il cui insopprimibile senso religioso è un gemito del desiderio di Cristo.
Apprestandoci ora a celebrare il solenne Rito possiamo ripetere con l’Antifona d’ingresso: «Esulto e gioisco nel Signore, l’anima mia si allieta nel mio Dio». Amen
Angelo card. Scola, Patriarca di Venezia - 7 dicembre 2009

 
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CHI È KATIA VANIN

Katia Vanin è una delle prime tre donne consacrate e accolte pubblicamente nell’Ordo Virginum diocesano, dopo anni di preparazione. Laureata in Scienze dell'Educazione, Katia è nata nel 1974 e cresciuta nella parrocchia di San Giorgio di Chirignago; ha un fratello e una sorella. Ha lavorato per molti anni, dalla laurea in poi, in ambito educativo, prima con i bambini – in un centro di accoglienza per minori in stato di disagio – e poi con gli anziani, in un servizio per la promozione della loro qualità della vita. Ora è segretaria nella scuola San Domenico Savio di Oriago, della Fondazione Giovanni Paolo I. Vive insieme alla sua famiglia.
«Sono cresciuta nel clima di una parrocchia vivace. La comunità parrocchiale di San Giorgio è uno dei doni più grandi della mia vita, in particolare la comunità giovanile, i parroci e i cappellani che si sono succeduti: mi hanno aiutato a voler bene a Gesù e mi hanno testimoniato quanto il Signore è capace di riempirti la vita. Questo passo che stiamo per fare, infatti, per me ha questo significato: Dio può riempire tutta la vita, è più che sufficiente, sovrabbondante».
L'esperienza di una comunità «straordinaria, bella, ricca, piena di occasioni» per Katia è iniziata «un po' tardi: ero immatura. Ho cominciato a vivere bene solo verso la fine delle superiori: prima ero troppo chiusa in me stessa. Quando mi sono aperta è stato molto bello: una mano aperta dà e riceve. È vero, l'ho sperimentato».
Da molti anni Katia si dedica alla catechesi in parrocchia; da quando ha iniziato l'università si occupa dei giovani delle superiori, partecipando anche ai campi scuola invernali ed estivi. «In ambito parrocchiale, però, non faccio molto altro. Sono più “di frontiera”. Mi interessano le attività culturali, faccio parte anche di un gruppo teatrale. Che c'entra? C'entra quando tutto si fa per la maggior gloria di Dio. Se uno ha dei doni – l'espressione, la capacità di suonare, di recitare, di cantare, di scrivere... – esprimendo al meglio se stesso esprime i doni che Dio gli ha dato e gli rende gloria. La tua vita allora è piena di Gesù. Dipende come le fai, queste cose: se in clima di collaborazione, di aiuto, di sostegno agli altri che hai vicino diventa anche una testimonianza».
Un altro ambito in cui Katia si spende è il commercio equo-solidale. È presidente della cooperativa “El fontego” di Mestre. «È una realtà alla quale credo molto; certo, non come credo in Dio... Ritengo sia uno strumento efficace per contribuire a superare le disuguaglianze che ci sono tra Nord e Sud del mondo. Essere presidenti di una coop ti dà parecchio da fare». Anche l'ambiente lavorativo può essere un luogo di confronto, «non sui concetti, ma sul modo in cui lavori. Negli ambienti non religiosamente connotati, ho potuto riscontrare che se tu hai qualcosa dentro si vede la differenza e te lo dicono».
Katia VaninLa chiamata alla verginità consacrata non è stata un fulmine a ciel sereno. «È una consapevolezza che è nata un po' alla volta. Da ragazza volevo sposarmi e avere dei bambini. Ho cominciato a maturare questo desiderio con maggior chiarezza alla fine del percorso universitario. Un evento importante è stato il Giubileo del 2000, quando ho partecipato alla Giornata Mondiale della Gioventù: è stata una bellissima esperienza di Chiesa universale, di festa e di gioia. Quando ho attraversato la porta santa in ginocchio, ho sentito che Gesù per me era veramente tutto. Tornata a casa ho detto: bisogna mettere a frutto questa esperienza...».

 

 

UN DONO RIFIORITO SU RADICI ANTICHE

Katia Vanin, Nella Pavanetto e Silvia Marchiori

Il giorno 7 dicembre 2009 Nella, Silvia e io siamo state consacrate secondo il rito dell’Ordo Virginum, per una dedizione totale a Dio e alla Chiesa.
Questa particolare espressione di vita consacrata ha radici antiche. Fin dalla nascita della Chiesa si hanno testimonianze della presenza di donne che praticavano la scelta della verginità, come dono totale a Dio, continuando a condurre una vita ordinaria, senza separazione dagli altri credenti, occupandosi del servizio alla comunità e ai poveri. Successivamente, dal V secolo, con la fioritura del monachesimo in occidente, tutte le vocazioni femminili alla vita consacrata furono convogliate negli ordini monastici e, nei secoli successivi, nelle congregazioni religiose; questo carisma sembrava scomparso.
Dopo il Concilio Vaticano II l’Ordo Virginum (Ordine delle vergini) rifiorisce nella Chiesa, tanto che si procede a una revisione del rito di consacrazione la cui versione ufficiale è stata promulgata nel 1970. Questa forma di consacrazione è andata pian piano diffondendosi, è già presente in molte diocesi, e ora è sbocciata anche nella Chiesa di Venezia; il Patriarca non ha istituito nulla di nuovo: semplicemente ha accolto e reso pubblico questo dono. Nonostante l’equivoco che può essere ingenerato dal nome, l’Ordo Virginum non è un ordine religioso, con il proprio fondatore, i relativi statuti, la propria organizzazione…
È l’espressione pura e semplice di un proposito accolto dalla comunità: la scelta della verginità “al fine di seguire Cristo più da vicino”. È vivere in pienezza la grazia battesimale nella ferialità e “raccontare” con gioia e umiltà che Dio basta a riempire la vita intera.
Cosa contraddistingue, quindi, questa forma di vita consacrata?
Innanzitutto il proposito della verginità, scelta e vissuta come dono totale di sé a Cristo per amarLo in ogni cosa e sopra ogni cosa. Segno di questa unione sponsale è l’anello che abbiamo ricevuto nel corso del rito. La verginità consacrata assume anche un significato profetico ed escatologico, è cioè annuncio del Regno di Dio già presente in mezzo a noi. Cristo è sposo della Chiesa e al contempo di ogni anima: ciascuno di noi è, infatti, destinato a un vincolo indissolubile d’amore con Cristo che si compirà pienamente in Paradiso. La verginità consacrata è un segno e un anticipo in questa vita di ciò che sarà per tutti nella vita eterna.
Una seconda caratteristica è la condizione laicale. Normalmente ciascuna consacrata rimane nel proprio contesto di vita, testimoniando con la propria esistenza il messaggio di salvezza in ogni ambiente. Assume pienamente le condizioni di vita e di lavoro dei laici, partecipando alle attività civili e professionali, familiari e sociali. Proprio nella ferialità di una vita ordinaria passa la vocazione alla santità e la sequela a Cristo. Insomma, ciascuna di noi ama e serve Dio nelle piccole cose di tutti i giorni.
Infine c’è uno stretto legame con la chiesa diocesana, nella quale è nata e cresciuta la nostra vocazione. Il rito di consacrazione si svolge nella cattedrale e la Chiesa locale, nella persona del vescovo, accoglie e
benedice i nostri propositi di castità, povertà e obbedienza. Dalla propria comunità di appartenenza e dalla Chiesa di Venezia, con i suoi valori, la sua storia e le sue tradizioni, i limiti e le difficoltà, il respiro si allarga alla Chiesa universale soprattutto condividendone la preghiera, cioè la liturgia delle ore, il secondo dono che ci è affidato durante il rito.
L’unica legge dell’Ordo Virginum è il Vangelo; tuttavia per venire in soccorso alla nostra fragilità ci è affidata una regola di vita che pone al centro la carità, alimentata dalla preghiera e dai sacramenti.
Possiamo scegliere, in accordo con il Patriarca, se vivere da sole, in famiglia o insieme. Ma per ciascuna c’è una dimensione di comunione che è imprescindibile, quella della nostra comunità parrocchiale che ci regge, ci sorregge e ci corregge.
Nulla cambia nelle nostre condizioni esteriori di vita. Ma al contempo tutto cambia: noi non apparteniamo più a noi stesse, ma a Dio.
Katia Vanin
da El Campanon, Natale 2009

 

 

CHIAMATE NON A FARE MA A ESSERE

«In fondo non è altro che il tentativo di vivere in pienezza la grazia battesimale». Spiegano così Silvia, Nella e Katia il passo che hanno compiuto. L'Ordo Virginum, dunque, è una forma di consacrazione che attinge il suo senso direttamente al battesimo: «Noi – spiega Silvia Marchiori – esprimiamo davanti alla Chiesa il nostro proposito di vivere il battesimo con il dono della verginità e lo mettiamo nelle mani del vescovo, che raccoglie, benedice e custodisce questa intenzione».
Come si colloca l'Ordo Virginum all'interno della Chiesa? Qual è la sua missione?
Silvia: «Questa categoria di persone che vive la verginità (ordo significa “categoria”: come in “ordine dei medici”...) diventa il segno dell'amore che la Chiesa ha per il suo Sposo e viceversa: mostrare con la vita questo segno è il nostro compito. Più che avere una missione – non è un carisma che nasce sulla base di un bisogno oggettivo – è un essere prese e messe da parte per anticipare già in questo mondo una realtà che sarà di tutti. È un segno che ha un valore escatologico: ciascuno di noi è destinato a un rapporto nuziale con Cristo».
Katia: «Mi piace sottolineare che l'Ordo Virginum non nasce come risposta a un bisogno, ma come un'appartenenza. Come il matrimonio: uno non si sposa perché deve assolvere a una serie di compiti, deve rispondere a bisogni della società... Continua a svolgere, come prima, i suoi compiti lavorativi; ciò che cambia è che non appartiene più a se stesso, ma si è donato a un'altra persona. Così noi ci doniamo a Dio invece che a un marito».
Come nasce una chiamata così?
Nella: «Si tratta di una consapevolezza che non è stata immediata. Solo adesso mi rendo conto dell'intuizione che ho avuto. È come il fidanzamento: lo realizzi strada facendo. Magari all'inizio neanche ti rendi conto di cosa stai vivendo. È qualcosa che costruisci, non lo trovi già lì pronto: è necessaria la fatica, la gioia, l'impegno di tutta la persona».
Silvia: «Il Signore, man mano che si fa conoscere a te, attraverso le cose che fai, ti sollecita nella tua generosità: più ti dai agli altri, più sei contenta... Ti fa capire che non ha bisogno di te perché gli servono due braccia, ma perché ti vuole bene. Scopri che sei amata: Lui ti guarda come ti guarderebbe l'innamorato e cresce il rapporto con il Signore anche con questa carica sentimentale, che il rito suggella perché esalta caratteristiche di tipo nuziale. Ci sarà infatti la consegna dell'anello e della Liturgia delle Ore, come segno di un dialogo fecondo da tenere aperto tra noi e Dio».
Katia: «Un'altra caratteristica di questa forma di consacrazione, che noi abbiamo subito sentito adatta a noi, è la conservazione della laicità, del condividere con gli altri uomini e donne l'ordinarietà della vita. Sentiamo la vocazione ad amare il Signore mischiate a tutti gli altri, senza qualcosa che necessariamente ci distingua da loro. Quello che fa la differenza è il nostro modo di comportarci e di agire nel mondo, incontrando tutte le difficoltà che incontrano gli altri laici, compresa magari l'esperienza della perdita del lavoro, come è capitato a me… È una cosa bella e faticosa al contempo, ma per me fondamentale».
Qual è la differenza rispetto agli istituti secolari?
Nella: «Il nostro non è un ordine, un istituto. Facciamo riferimento direttamente al pastore della Chiesa locale».
Silvia: «Molti istituti secolari nascono nell'alveo di altre esperienze associative e di movimenti, fanno capo a un fondatore, a un ispiratore. L'Ordo Virginum, invece, non ha un fondatore. Lo specifico, se vogliamo, è non avere uno specifico (come si dice dell'Azione cattolica)».

Katia: «Molti istituti secolari sono caratterizzati dal “segreto”: per rendere efficace la loro presenza nel mondo, i membri tacciono sulla loro scelta, perché potrebbe creare diffidenza, distacco, potrebbe impedire il dialogo che permette di annunciare Cristo. Nel nostro caso invece c'è un rito pubblico che coinvolge il vescovo, mentre la Chiesa diocesana è invitata a partecipare in Cattedrale. È come se la comunità cristiana stessa presentasse il nostro dono...».
Nella: «...Come se dicessero: non è una cosa che scegliete voi».
Silvia: «È per questo che nel rito non è prevista la recita del Credo. La comunità cristiana è come se facesse la sua professione di fede presentando noi, riconoscendo che Dio ha operato con noi, nel dono della verginità che ci fa. È la comunità cristiana che ci accompagna, ci consegna nelle mani del Signore. Non siamo noi che, a titolo personale, abbiamo scelto di fare tutto questo».
A chi farete riferimento, non avendo una famiglia o un ordine religioso alle spalle?
Nella: «Non avendo una comunità di riferimento, è la comunità parrocchiale, è l'associazione cui appartieni, che ti aiuta a vivere la tua vocazione. Il Patriarca mi ha detto: proprio perché scegli questo tipo di vocazione, sappi che la tua parrocchia sarà la comunità che ti reggerà, correggerà, sorreggerà. Sarà il tuo specchio, il riferimento oggettivo. Non ti puoi correggere da sola, devi rispondere a qualcuno: a me, ma anche alle persone con le quali hai a che fare. Serve anche questo ad essere fedeli a questa promessa, che non è qualcosa che ci siamo scelte. Resta comunque lo spazio, anche se noi ci troviamo periodicamente, per sperimentare la solitudine...».
Silvia: «È comunque lo spazio per fare un'esperienza della presenza del Signore. Puoi provare la solitudine, la povertà... ma scopri che il Signore nella tua vita passa, non ti lascia senza aiuto. Non vivi da single, ma vivi con lui: che ti manda gli aiuti, le persone di cui hai bisogno, i legami affettivi. Non abbiamo infatti una famiglia nostra, ma una famiglia grande, che è quella del Signore. La nostra non è una verginità sterile».
Nella: «Quello che ti viene presentato è quello con cui ti devi confrontare. “Ciò che ti è dato
dice il Patriarca ti corrisponde”».
In che modo vivrete le promesse di povertà, castità e obbedienza?
Katia: «La povertà non sarà privazione totale dei beni: conservando una vita laicale e inserita nel mondo non sarebbe possibile, visto che ci dobbiamo sostenere da sole. Significa vivere con la consapevolezza che noi siamo povere di fronte a Dio, non siamo mai bastanti a noi stesse. Sarà un possesso nel distacco, fatto di sobrietà, di dono e di condivisione delle nostre sostanze con gli altri secondo quanto ci viene indicato dal vescovo».
Nella: «L'obbedienza sarà prima di tutto a Dio e allo Spirito Santo; e poi sarà messa nelle mani del nostro pastore, altrimenti sarebbe un proposito astratto e generico».
Silvia: «La castità è per ricordarci di essere tutte di Cristo, unite a lui con “solenne rito nuziale”. I segni sono l'anello che ci viene consegnato e la Liturgia delle Ore».

 

 

LA VERGINITÀ E IL SENSO PIENO DELL'AMORE

La mia non è una vita speciale; è una vita semplice, ordinaria. Eppure se mi soffermo a considerare quanto Dio ha operato per me non posso che rimanere meravigliata di tanta bellezza: mi ha chiamata alla vita e mi ha resa sua figlia per mezzo del battesimo, mi ha donato l’energia vivificante dei sacramenti e una comunità splendida nella quale crescere; ha riempito le mie giornate di affetti, di incontri, di impegni, di opportunità.

I primi anni della giovinezza sono stati faticosi, permalosa com’ero, insicura ed impacciata come tutte le ragazze che non si piacciono, a disagio in una comunità giovanile nella quale non trovavo il mio posto.
Solo quando mi è stato proposto di donare tempo ed energie alla realtà della parrocchia ho sentito che essa mi apparteneva e sono uscita dal mio guscio. La comunità è diventata, così, famiglia, luogo di incontro col Cristo, laboratorio di relazioni con le quali misurarmi. E le mie giornate hanno acquistato un sapore diverso.
È qui che ho cominciato ad amare la Chiesa, amando una piccola e meravigliosa porzione di essa che è la mia parrocchia.

Poi il Signore ha posto nella mia vita segni forti per legarmi sempre più saldamente a sé, conducendomi a scoprire che mi chiamava a donarmi totalmente a Lui. Da principio questa possibilità mi irritava e gli ho voltato le spalle: avevo altri progetti per il mio futuro nei quali la protagonista ero io, non Lui. Non ho discusso e nemmeno ho combattuto per oppormi, sono semplicemente scappata: vivevo tutto, gli studi universitari, il servizio nel volontariato, l’attività teatrale, il mio rapporto con Lui e con la sua Chiesa come se questa vocazione non ci fosse. Ero appagata ma non completamente, contenta e infelice al contempo.

Però l’amore di Dio è stato più forte della mia bassezza. Mi ha conquistato non con il turbinio di una tempesta, ma con la carezza costante di una brezza lieve e benefica.
Semplicemente, giorno dopo giorno, nel vivere quotidiano, ho scoperto che ciò che m’importava di più era stare con il Signore. È stato bello accorgermi che potevo avere tutto, ma che se non avevo Lui nulla contava. E ho compreso anche che la vocazione è autentica solo se porta con sé un sacrificio, una rinuncia. Ho vissuto una rivoluzione interiore silenziosa e dirompente.

Con questa nuova consapevolezza ho cominciato a vivere la mia personale risposta: “Ecco, io vengo. Si compia in me la tua volontà”.
E ben presto la sua Provvidenza mi ha messo vicino Silvia e Nella perché reciprocamente potessimo sostenerci e aiutarci a crescere nell’amore per Cristo, unico Signore.
Poco a poco, ma con sempre maggior chiarezza, si sono delineati i tratti di questa nostra vocazione: la verginità come offerta totale di sé, l’impegno a vivere in pienezza la grazia battesimale, la semplicità della vita laicale, il legame vitale con la nostra Chiesa diocesana.
Con umiltà abbiamo espresso al Patriarca il nostro desiderio di donarci a Dio; è iniziato, così, un lungo tempo di preparazione durante il quale, non senza fatica, insieme ci siamo messi in ascolto dello Spirito per comprendere quale volto dovesse avere questa forma di consacrazione.

Di tutto questo solo pochi sapevano, pochissimi. Un po’ per pudore e un po’ per prudenza ho preferito mantenere il riserbo. Ma alla fine è stato liberante poter condividere questa mia gioia con la famiglia, gli amici, la comunità e le persone che amo e che mi sono vicine.

Nei giorni che precedevano la consacrazione sono stata agli esercizi spirituali, una parentesi di silenzio per un dialogo confidenziale tra me e il Signore. Durante il canto del vespro di apertura ho sentito in tutta la mia persona con chiarezza dilaniante che ciò che stava per compiersi era “per sempre” e che io non sono che una miserabile creatura incapace di amore autentico. Ho pianto di terrore una notte e un giorno. Ma alla sera mi sono addormentata lasciandomi confortare dalle parole dell’Apocalisse che in quei giorni abbiamo contemplato: “Io sono l’Amen, il Testimone fedele, l’Affidabile”. Non alle mie capacità è affidato questo tesoro, ma alla sua fedeltà immutabile. E il mattino dopo mi sono svegliata in pace.

Il rito di consacrazione, con la sua solenne semplicità, ha sigillato questo legame di amore tra Cristo e me. Dopo tanta attesa, ora, alberga in me un cuore di sposa.

Katia Vanin
veglia di Natale 2009

 

 

“Tu mi hai sedotto, Signore, e io mi son lasciata sedurre”.
Sei tu il mio io lontano, la mia intima brama, l’oggetto del mio desiderio.
Tu abiti dentro di me, ma io sono lontana; potrei trovarti, ma non ti cerco; ti cerco e non ti trovo; tendo le mani e tu mi sfuggi.
Sono assetata d’amore e insieme prigioniera di me stessa.
I miei occhi guardano, ma non vedono veramente. Solo tu, Padre e Signore dell’universo, che sei dentro le cose, puoi dare senso alla realtà, alla gioia, al dolore, alla vita.
Il mio cuore ama, ma di un amore fragile e limitato. Solo tu, Cristo, che hai dato la tua vita per liberarci dal male che e fuori di noi e dentro di noi, puoi insegnarmi ad amare intensamente e tenacemente, ad amare come Tu ami.
Io cammino, ma i miei passi sono incerti. Solo Tu, Spirito Santo che sei luce e speranza puoi rischiarare la mia vita e sostenermi quando le forze vengono meno.
Io credo in Te Signore, e mi affido alle tue mani, perché sei fonte d’acqua viva, sei via, verità e Vita.
Se inciampo, rialzami.
Se mi allontano, rincorrimi.
Se mi inorgoglisco, rimproverami.
Se gioisco, aiutami a ringraziarti.
Se soffro, consolami.
Se piango, asciuga Tu le mie lacrime.
Ti prego, Signore, resta con me ora e sempre.
Amen.
Katia Vanin
Redditio Symboli (Professione di Fede) della Veglia Pasquale - 16 aprile 1995

Meditazioni proposte nel 2012 da Katia Vanin per gli Esercizi Spirituali Parrocchiali:

VENEZIA - Le prime tre vergini consacrate stanno in particolare animando la pastorale vocazionale, oltre a prestare servizio in diocesi e in parrocchia

Ordo Virginum: è pronto il regolamento diocesano

Un anno dopo la consacrazione delle prime laiche che vivono il proposito della verginità nella vita quotidiana, a servizio della Chiesa diocesana, sono stati pubblicati i "lineamenta" che dettano norme sull'accesso e la vita delle consacrate

L'Ordo Virginum, nella nostra diocesi, ora ha un testo normativo di riferimento. È stato promulgato infatti il 1 novembre 2010, ad experimentum per un triennio, il "Regolamento diocesano (lineamenta) dell'Ordo Virginum". Si tratta di «alcune norme minime per definire come accedere e come vivere questa peculiare forma di sequela di Cristo», spiega don Paolo Bellio, delegato patriarcale per questa forma di vita consacrata.
Le prime consacrate. Si ricorderà che il 7 dicembre 2009 tre donne, Silvia Marchiori, Nella Pavanetto e Katia Vanin, attraverso un rito solenne e pubblico in Cattedrale, hanno consacrato il loro proposito di verginità e di dedicare la loro vita alla Chiesa. Sono entrate così in un nuovo stato di vita: la verginità vissuta da donne che rimangono laiche, inserite nel mondo, a servizio in particolare della Chiesa veneziana. «La particolarità di questa vocazione – spiega don Paolo Bellio – è un partire senza partire: la casa e il lavoro restano gli stessi, ma la consacrazione le aiuta a vivere meglio i lavori e i rapporti con le famiglie. Anche se sembra non cambi niente, anche se non portano un abito particolare, sentono di avere una marcia in più».
Il nuovo regolamento è stato consegnato a tutte le parrocchie, spiega don Bellio, «per favorire un'iniziale conoscenza dell'Ordo Virginum e per responsabilizzare parroci, sacerdoti, catechisti, evangelizzatori, collaboratori pastorali, famiglie... alla cura di questa particolare vocazione».
Una nuova gerarchia agli impegni. Per le prime tre vergini consacrate quello appena trascorso è stato un anno di "rodaggio": «Hanno dovuto trovare il modo di coordinare i loro impegni con un ritmo di ritrovo tra di loro e me», spiega don Paolo. «Non hanno l'obbligo della vita in comune, ma trattandosi di un "ordo" non possono non sentirsi legate. Con me si ritrovano ogni 15 giorni. La consacrazione ha permesso loro di dare una gerarchia ai tanti impegni che devono affrontare».
La caratteristica del loro particolare tipo di consacrazione, infatti, sta nel vivere la normale vita laicale, comprendente anche il lavoro. «È un'esperienza faticosa ma arricchente», commenta il delegato. «La scoperta, da parte loro, è stata anzi che questa consacrazione è stata un di più che le aiuta a vivere bene anche l'aspetto lavorativo».
Per la Chiesa di Venezia. L'impegno delle tre appartenenti all'Ordo Virginum a servizio della Chiesa locale si è orientato in particolare nel campo della pastorale vocazionale. Silvia, Nella e Katia partecipano al gruppo della verifica vocazionale guidato dal Patriarca, aperto ai giovani dai 18 anni in su, insieme ad alcuni sacerdoti, a consacrate e religiose e a una coppia di sposi. «Stiamo anche pensando a un loro coinvolgimento in un gruppo rivolto alle ragazze che non hanno ancora compiuto 18 anni, un cammino di accompagnamento vocazionale per adolescenti», progetta don Paolo Bellio. Ma non è l'unico ambito in cui sono impegnate: Nella è anche nel Consiglio pastorale diocesano, in rappresentanza dell'Ufficio diocesano Vocazioni, ed è vicedirettrice della Caritas diocesana; Silvia è presidente diocesana dell'Azione Cattolica; Katia è impegnata nella sua parrocchia di Chirignago, come del resto Silvia a Santa Barbara e Nella a Quarto D'Altino.
Finora non se ne è ravvisata la necessità, ma nulla vieta che, in futuro, una vergine consacrata possa essere "distaccata" ad una parrocchia diversa dalla propria, come può capitare per i diaconi. A Treviso succede già che siano loro affidate responsabilità pastorali attive; mentre da noi, per ora, «viene privilegiato – spiega don Paolo Bellio – il loro essere nel mondo».
La verifica di nuove vocazioni. Qualcosa si muove, nel frattempo, sul fronte delle nuove vocazioni. «Qualche ragazza ci sta pensando», anticipa don Paolo. «Frequentando il gruppo della verifica vocazionale ci si può domandare se questa forma di vita cristiana fa al caso proprio. Il miglior modo di conoscerla è incontrare chi la sta già sperimentando». Don Bellio, anzi, propone alle parrocchie che vogliono organizzare degli incontri di preghiera di taglio vocazionale di invitare una delle appartenenti all'Ordo Virginum per una testimonianza che può far presa sui giovani. «È auspicabile, naturalmente, che non rimangano tre a lungo. Chi si sta interrogando oggi ha davanti a sé delle donne che hanno già compiuto questa scelta in modo definitivo. Prima di loro era solo un'ipotesi, per vedere ci cosa si trattava concretamente bisognava andare in altre diocesi. Adesso invece questa ipotesi si è fatta concreta anche a Venezia. Le cose scritte, certo, hanno un loro peso; ma vedere le persone è un'altra cosa...».

Paolo Fusco, tratto da Gente Veneta, no.1 del 8 gennaio 2011, pag. 8

 

Cosa dicono i Lineamenta

Il carisma, le regole di vita, la fase della formazione e il servizio da prestare nella Chiesa locale

L'Ordo Virginum, si legge nel regolamento diocesano, è una forma di vita «caratterizzata dalla consacrazione con rito solenne, da parte del Vescovo, del proposito di verginità e dalla dedicazione alla Chiesa». Tale consacrazione viene «vissuta nel contesto della spiritualità della Chiesa locale e delle normali condizioni di vita del popolo di Dio». L'ecclesialità della consacrata nell'Ordo Virginum «si esprime nel rapporto peculiare col Patriarca e con la Chiesa locale. La Chiesa di Venezia diventa in questo modo la comunità propria della consacrata: per questo ne condivide la vita, il cammino, la ricerca e si sente, da parte sua, responsabile nell'opera di evangelizzazione».
Il carisma. Delineandone il carisma proprio, il regolamento spiega che la consacrazione «esprime la volontà della vergine di tendere alla carità perfetta e di uniformare continuamente la propria volontà alla volontà del Padre». La vergine consacrata «esprime la volontà di appartenere con cuore indiviso a Gesù Cristo, unendosi a lui con solenne rito nuziale. In tal modo è nel mondo segno visibile del Regno futuro e capace di fecondità apostolica, di disponibilità generosa e di dedizione disinteressata, nonché di amicizia profonda e libera verso tutti i fratelli».
È «chiamata a vivere il carisma della verginità nel mondo»; «con spirito apostolico, prosegue la propria condizione di vita e di lavoro nel contesto ordinario della comunità cristiana e civile. Con la consacrazione al Signore nelle mani del Vescovo, la vergine consacrata, attenta ai suggerimenti dello Spirito grazie al discernimento operato con il Patriarca, offre la sua collaborazione responsabile e generosa alla missione salvifica della Chiesa locale, secondo le proprie possibilità ed attitudini».
La regola di vita. Nel tracciare la regola di vita, i Lineamenta spiegano: «Suo compito principale è quello di dedicarsi, "nel suo stato e secondo i propri carismi, alle opere di penitenza e di misericordia, all'attività apostolica e alla preghiera" con umiltà, gioia e speranza». La vita di preghiera deve prevedere, tra l'altro, la partecipazione quotidiana alla messa, la celebrazione giornaliera della Liturgia delle Ore, momenti di meditazione, la partecipazione a ritiri ed esercizi spirituali, il frequente accostamento al sacramento della Riconciliazione.
Il regolamento prevede anche che la consacrata nell'Ordo Virginum, con l'aiuto del Delegato patriarcale, elabori una propria regola di vita da sottoporre all'approvazione del Patriarca. La vergine consacrata, si spiega ancora, «agisce con equilibrio e moderazione nelle necessità personali. In particolare, secondo le proprie capacità e possibilità: ama ed apprezza il lavoro, attuandolo con responsabilità e competenza, non solo per il necessario sostentamento, ma come partecipazione all'opera di redenzione di Cristo e un servizio reso alla comunità; testimonia e promuove nel proprio luogo di lavoro la giustizia, la solidarietà e la reciproca fiducia; vive lo spirito di povertà». Inoltre «sottopone al Patriarca le decisioni più importanti, come per esempio il cambiamento del posto di lavoro, l'assunzione di incarichi di apostolato o di servizio sociale e politico»; e «partecipa al gruppo di verifica vocazionale come occasione privilegiata di testimonianza di questa particolare vocazione per la Chiesa veneziana».
La formazione. Un articolo è dedicato alla figura del Delegato patriarcale per l'Ordo Virginum e i suoi compiti. Un altro, molto dettagliato, si occupa della formazione della vergine consacrata. Il cammino formativo è scandito da quattro tappe: la ricerca vocazionale o discernimento, l'esplicita formazione in vista della consacrazione o formazione specifica, la celebrazione del rito di consacrazione e la formazione permanente. La fase del discernimento può avere una durata variabile; la formazione specifica deve invece durare almeno due anni.
Per quanto riguarda la consacrazione, «la comunità diocesana sia chiamata a comprendere – si legge – il significato di questo rito e a partecipare attivamente alla sua celebrazione. Simbolo della consacrazione, il cui scopo e quello di indicare esteriormente il fatto interiore della consacrazione, è l'anello. Per rendere più esplicito il simbolismo nuziale, la celebrazione della consacrazione si svolga con la dovuta solennità, di preferenza in cattedrale».
Attraverso la formazione permanente la consacrata «si impegna a ravvivare il dono e a farlo fruttificare, consapevole della vocazione donatale dal Signore».
Nella chiesa locale. Per quanto riguarda il ruolo della vergine consacrata nella vita della Chiesa locale, i Lineamenta spiegano che «il carisma della verginità proprio e distintivo di questa forma di consacrazione, impegna, nella logica del dono di sé, a sentirsi interpellati in prima persona, a tessere relazioni, anche complesse ed esigenti, a camminare facendosi "prossimi" dei poveri e degli ultimi, a partecipare alla costruzione della Chiesa nella nuova evangelizzazione».

 

DISCORSO DI SUA SANTITÀ BENEDETTO XVI
ALLE PARTECIPANTI AL CONGRESSO DELL'"ORDO VIRGINUM"
SUL TEMA "VERGINITÀ CONSACRATA NEL MONDO:
UN DONO PER LA CHIESA E NELLA CHIESA"

Sala Clementina
Giovedì, 15 maggio 2008

 

Carissime sorelle!

1. Accolgo e saluto con gioia ciascuna di voi, consacrate con “solenne rito nuziale a Cristo” (Rituale della Consacrazione delle Vergini, 30), in occasione del Congresso-Pellegrinaggio Internazionale dell’Ordo Virginum, che in questi giorni vi vede riunite a Roma. In particolare saluto il Cardinale Franc Rodé per il cordiale indirizzo di omaggio e l’impegno profuso nel sostenere questa iniziativa, mentre un grazie di cuore rivolgo al Comitato organizzatore. Scegliendo il tema guida di questi giorni vi siete ispirate ad una mia affermazione che sintetizza quanto ho avuto già modo di dire sulla vostra realtà di donne che vivono la verginità consacrata nel mondo: Un dono nella Chiesa e per la Chiesa. In questa luce desidero confermarvi nella vostra vocazione ed invitarvi a crescere di giorno in giorno nella comprensione di un carisma tanto luminoso e fecondo agli occhi della fede, quanto oscuro e inutile a quelli del mondo.

2. “Siate di nome e di fatto ancelle del Signore a imitazione della Madre di Dio (RCV, 29). L’Ordine delle Vergini costituisce una particolare espressione di vita consacrata, rifiorita nella Chiesa dopo il Concilio Vaticano II (cfr Esort. Ap. Vita consecrata, 7). Le sue radici, però, sono antiche; affondano negli inizi della vita evangelica quando, come novità inaudita, il cuore di alcune donne cominciò ad aprirsi al desiderio della verginità consacrata: a quel desiderio cioè di donare a Dio tutto il proprio essere che aveva avuto nella Vergine di Nazaret e nel suo “sì” la prima straordinaria realizzazione. Il pensiero dei Padri vede in Maria il prototipo delle vergini cristiane ed evidenzia la novità del nuovo stato di vita a cui si accede per una libera scelta d’amore.

3. “In te, Signore, possiedano tutto, perché hanno scelto Te solo, al di sopra di tutto (RCV, 38). Il vostro carisma deve riflettere l’intensità, ma anche la freschezza delle origini. È fondato sul semplice invito evangelico “chi può capire capisca” (Mt 19, 12) e sul consiglio paolino circa la verginità per il Regno (1 Cor 7, 25-35). Eppure risuona in esso tutto il mistero cristiano. Quando è nato, il vostro carisma non si configurava con particolari modalità di vita, ma si è poi man mano istituzionalizzato, fino ad una vera e propria consacrazione pubblica e solenne, conferita dal Vescovo mediante un suggestivo rito liturgico che faceva della donna consacrata la sponsa Christi, immagine della Chiesa sposa.

4. Carissime, la vostra vocazione è profondamente radicata nella Chiesa particolare a cui appartenete: è compito dei vostri Vescovi riconoscere in voi il carisma della verginità, consacrarvi e possibilmente rimanervi vicino nel cammino, per insegnarvi il timore del Signore, come si impegnano a fare durante la solenne liturgia di consacrazione. Dal respiro della Diocesi, con le sue tradizioni, i suoi santi, i suoi valori, i limiti e le difficoltà, vi allargate al respiro della Chiesa universale, soprattutto condividendone la preghiera liturgica, che vi è consegnata affinché “risuoni senza interruzione nel vostro cuore e sulle vostre labbra” (RCV, 42). In tal modo il vostro “io” orante si dilaterà progressivamente fino a che nella preghiera non ci sia più che un grande “noi”. È questa la preghiera ecclesiale e la vera liturgia. Nel dialogo con Dio apritevi al dialogo con tutte le creature, nei cui confronti vi ritrovate madri, madri dei figli di Dio (cfr RCV, 29).

5. Il vostro ideale, in se stesso veramente alto, non esige tuttavia alcun particolare cambiamento esteriore. Normalmente ciascuna consacrata rimane nel proprio contesto di vita. È una via che sembra priva delle caratteristiche specifiche della vita religiosa, soprattutto dell’obbedienza. Ma per voi l’amore si fa sequela: il vostro carisma comporta una donazione totale a Cristo, una assimilazione allo Sposo che richiede implicitamente l’osservanza dei consigli evangelici, per custodire integra la fedeltà a Lui (cfr RCV, 47). L’essere con Cristo esige interiorità, ma in pari tempo apre a comunicare con i fratelli: qui si innesta la vostra missione. Un’essenziale “regola di vita” definisce l’impegno che ciascuna di voi assume col consenso del Vescovo, sia a livello spirituale sia esistenziale. Si tratta di cammini personali. Tra voi ci sono stili e modalità diverse di vivere il dono della verginità consacrata e questo si fa tanto più evidente nel corso di un incontro internazionale, come quello che vi vede riunite in questi giorni. Vi esorto ad andare oltre il modo di apparire, cogliendo il mistero della tenerezza di Dio che ciascuna porta in sé e riconoscendovi sorelle, pur nella vostra diversità.

6. “La vostra vita sia una particolare testimonianza di carità e segno visibile del Regno futuro” (RCV, 30). Fate in modo che la vostra persona irradi sempre la dignità dell’essere sposa di Cristo, esprima la novità dell’esistenza cristiana e l’attesa serena della vita futura. Così, con la vostra vita retta, voi potrete essere stelle che orientano il cammino del mondo. La scelta della vita verginale, infatti, è un richiamo alla transitorietà delle realtà terrestri e anticipazione dei beni futuri. Siate testimoni dell’attesa vigilante e operosa, della gioia, della pace che è propria di chi si abbandona all’amore di Dio. Siate presenti nel mondo e tuttavia pellegrine verso il Regno. La vergine consacrata, infatti, si identifica con quella sposa che, insieme allo Spirito, invoca la venuta del Signore: “Lo Spirito e la sposa dicono ‘Vieni’ (Ap 22,17).

7. Nel lasciarvi vi affido a Maria. E faccio mie le parole di sant’Ambrogio, il cantore della verginità cristiana, rivolgendole a voi: “Sia in ciascuna l’anima di Maria per magnificare il Signore; sia in ciascuna lo spirito di Maria per esultare in Dio. Se c’è una sola madre di Cristo secondo la carne, secondo la fede, invece, Cristo è il frutto di tutti, poiché ogni anima riceve il Verbo di Dio, purché, immacolata e immune da vizi, custodisca la castità con intemerato pudore” (Commento su san Luca 2,26: PL 15, 1642).

Con questo augurio di cuore vi benedico.

Info: http://www.ordovirginum.org/

LA VITA È VOCAZIONE

Può capitare che un ragazzo o una ragazza si trovino nel cuore "l'idea" di dedicarsi totalmente a Dio. Questo è un fatto da prendere sul serio, anche perché non è ovvio. Chi coglie nel suo cuore questa eventuale possibilità è invitato/a ad un incontro diocesano.

È un semplice incontro di chiarimento che non implica nessuna scelta. Proprio per garantire la massima riservatezza non sarà reso pubblico il luogo dell'incontro. Chi desidera accogliere questo invito può contattare la segreteria del Patriarca oppure telefonare a don Paolo Bellio, don Renato Mazzuia, don Mauro Deppieri o parlarne con il proprio parroco o cappellano. A tutti coloro che comunicheranno il loro desiderio di essere presenti sarà indicato il luogo, la data e l'orario dell'incontro (di solito si tiene una domenica pomeriggio).
Per partecipare a questo incontro è necessario:

  • non essere già esplicitamente impegnati con un'altra persona in una vita di coppia
  • avere dai 17-18 anni (dal quarto anno della scuola superiore in su).

L'incontro è sia per i maschi che per le femmine.
È richiesto solo un po' di coraggio:

  • agli animatori, educatori, genitori, preti... di annunciare esplicitamente questo appuntamento vocazionale
  • ai giovani, di cogliere la bellezza della vita come vocazione

Gli altri appuntamenti dell'anno saranno resi noti in quell'occasione.

INDIRIZZI DI RIFERIMENTO

Segreteria del Patriarca
San Marco 318 - Tel. 0412702470

Don Paolo Bellio
(in particolare per informazioni e chiarimenti sull'Ordo Virginum)
Dorsoduro 1907 - 30123 Venezia
Cell. 3470654900 - Tel. 0412750382
mendicoli@patriarcatovenezia.it

Don Renato Mazzuia
Centro Pastorale "Cardinale Giovanni Urbani" - Via Visinoni 4/c - 30174 Zelarino-Venezia
Cell. 3493952073
renatomazzuia@patriarcatovenezia.it

Don Mauro Deppieri
Seminario Patriarcale - Dorsoduro 1 - 30123 Venezia
Tel. 0412411018
donmauro@patriarcatovenezia.it

Don Raffaele Muresu
Seminario Patriarcale - Dorsoduro 1 - 30123 Venezia
Tel. 0412743947 - 3355305705
raffaele@patriarcatovenezia.it

Suor Antonella Reginato S.C.C.G.
Centro Pastorale "Cardinale Giovanni Urbani" - Via Visinoni 4/c - 30174 Zelarino Venezia
Tel. 0415464434
antonella.r@patriarcatovenezia.it